6.0
- Band: DARK FUNERAL
- Durata: 00:43:44
- Disponibile dal: 18/03/2022
- Etichetta:
- Century Media Records
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Dark Funeral, settimo atto. In un percorso musicale che ha sempre fatto dell’oltranzismo e dell’immobilità i propri cardini di rotazione, giocando anche su un immaginario pacchiano facilmente denigrabile dagli ascoltatori più scafati, la band di Stoccolma ha saputo comunque ritagliarsi un ruolo enorme nella definizione di un certo tipo di black metal, giocandosela con Dissection e Marduk per il ruolo di entità diabolica più influente di Svezia. D’altronde, anche al netto di un’estetica discutibile (fra armature e artwork digitali di dubbio gusto) e di titoli in latino maccheronico (“Vobiscum Satanas”? “Diabolis Interium”?), la qualità media della discografia di Lord Ahriman e compagni difficilmente è stata mai messa in discussione, riuscendo anzi a conseguire un vero e proprio exploit con l’ottimo “Where Shadows Forever Reign” del 2016, sorta di sequel spirituale del classico “The Secrets of the Black Arts” baciato da un effervescente e intrigante dinamismo. Un’opera che ancora oggi ci capita di ascoltare volentieri, e dinanzi alla quale il nuovo “We Are the Apocalypse” – spiace doverlo ammettere – è costretto a sventolare bandiera bianca.
Come anticipato nel track-by-track di qualche settimana fa, il comeback del quintetto – al secondo appuntamento con Heljarmadr dietro al microfono – sembra essere il frutto di una scrittura indecisa sul da farsi e castrata da un’ispirazione altalenante, in grado sia di ricordarci perché i Nostri siano visti come un’istituzione del panorama estremo, sia di farci cadere le braccia a suon di soluzioni banali o – più semplicemente – lontane dalla proverbiale intensità del progetto. La tracklist sceglie fondamentalmente la via del compromesso, provando ora a sviluppare un’inedita vena catchy e controllata, la quale però fatica a lasciare il segno (“Let the Devil In”), ora a mescolare le carte incappando in qualche ingenuità di troppo (il chorus scolastico di “Nightfall”), ora a fare il proprio con risultati alterni (la notevole “When Our Vengeance Is Done”, la piatta “A Beast to Praise”), trasmettendo per la prima volta in carriera un senso di fallibilità che le scelte di produzione non aiutano di certo a stemperare. In una proposta basata fin dai suoi albori sulla ferocia e sul magnetismo del guitar work, perché seppellire i riff sotto l’operato di voce e sezione ritmica? Che fine ha fatto il muro di suono gelido, imponente e parossistico che un tempo ci investiva non appena premuto il tasto ‘play’ del lettore, facendo delle varie “Ravenna Strigoii Morti”, “The Arrival of Satan’s Empire” o “Unchain My Soul” (per scomodare una hit più recente) degli autentici manifesti dello swedish black metal?
Purtroppo, i Dark Funeral 2022 appaiono una realtà involuta su più fronti, che per quanto riesca a strappare la sufficienza (in fin dei conti, il mestiere di un veterano come Lord Ahriman si sente ancora tutto) non riesce a tenere il passo del proprio passato, rischiando anzi di perdere terreno su agguerrite realtà come i Nordjevel, anch’essi in procinto di dare alle stampe un nuovo disco. Un peccato.