voto
7.0
7.0
- Band: DARK LUNACY
- Durata: 00:45:55
- Disponibile dal: 09/11/2010
- Etichetta:
- Fuel Records
- Distributore: Self
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Qualcosa è cambiato nei Dark Lunacy. Chiamatela voglia di non fossilizzarsi, di non rischiare di far diventare luoghi comuni certi fili conduttori del loro songwriting… resta il fatto che in questo nuovo capitolo della loro carriera discografica si avvertono distintamente atmosfere e soluzioni diverse. E la cosa, francamente, non stupisce più di tanto, dato che "Weaver Of Forgotten", come ormai noto, è il primo album della band a non contare sull’apporto dello storico chitarrista Enomys. A venire meno, su tutto, è quella componente di musica popolare russa che sin dall’esordio "Devoid" li ha posti all’attenzione degli ascoltatori e che da allora è divenuta quasi il loro principale marchio di fabbrica. Di quelle atmosfere ora malinconiche, ora euforiche, è rimasto poco… qualche vaga traccia, a ben vedere. La musica dei Dark Lunacy in quest’occasione ha invece accentuato aspetti più intimi, racchiusi: le undici tracce che compongono "Weaver…" sembrano essere accomunate da un continuo susseguirsi di riflessioni e pensieri, basato su un sound ben più controllato e mesto che in passato. L’impressione è quasi quella di trovarsi di fronte a una doom band piuttosto che a quella formazione che un tempo mescolava At The Gates, Rage e Therion. Ci sono sicuramente elementi in comune con i vecchi album, su tutte la voce di Mike, ovviamente, e anche alcune orchestrazioni. Tuttavia, ad esempio, la produzione, molto fredda (anche troppo!), e l’utilizzo che viene fatto delle tastiere in brani come "Epiclesis" e "Masquerade" ricordano i Sadist più pacati, mentre le ritmiche – quasi sempre marziali e in midtempo – guardano più a certo dark/doom metal anni ’90 che a stilemi melodic death. Insomma, in questo quarto full-length troviamo dei Dark Lunacy diversi: meno inclini a premere il piede sull’acceleratore e più orientati a dipingere scenari grigi e desolati. I nostri tutto sommato non mancano il bersaglio, ma, anche se è abbastanza difficile trovare un pezzo davvero "sbagliato", a volte si ha l’impressione che il disco soffra di una sin troppo marcata uniformità di fondo, cosa che dopo qualche brano può anche tediare un po’ l’ascoltatore. Un ascolto dunque per certi versi "pesante", ma non per questo poco attraente… "Weaver Of Forgotten" non è perfetto, ma è il classico disco di transizione, che dopo il suo passaggio lascia una certa curiosità e la voglia di seguire i futuri sviluppi.