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- Band: DARK MOOR
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
- Etichetta:
- Arise Records
- Distributore: Self
I madrileni Dark Moor, band di punta dell’etichetta spagnola “Arise Records”, dopo quasi due anni dall’uscita di “The Hall Of The Olden Dreams” si ripropongono sulla scena con “The Gates Of Oblivion”. Se conoscete questa band, saprete che parliamo di artisti powermetal di ottima fattura che non faranno mancare nulla ai buoni defender, spingendoci in cavalcate veloci, come l’opener ‘The Heart Of Stone’ o ‘A New World’, dai bellissimi fraseggi chitarra/piano, ed un ritornello accattivante (“With the winds of the sea Always blowing from the east”), alla musica classica, la strumentale ‘The Gates Of Oblivion’, e dopo la buona ‘Nevermore’ troviamo una bella track, ‘Starsmaker (Elbereth)’, dalle liriche, ovviamente, di stampo tolkeniano. Segue un’altra strumentale che, più che essere un pezzo a sé, è una intro di cori per la “ballad” ‘By The Stange Path Of Destiny’ nella quale per la prima volta ho avvertito il timbro femminile di Elisa Martin, la vocalist del combo, forse un pò soffocata dai cori nei precedenti pezzi. Dopo la buona ‘The Night Of The Age’, c’è ‘Your Symphony’, stupenda ballata acustica, che finalmente rende giustizia alla bella voce della cantante. Dopo questa parentesi lenta, e dopo ‘The Citadel Of The Light’ altro brano strumentale, ci vengono proposti, in chiusura, altri 2 pezzi veloci, ‘A Truth For Me’ e ‘Dies Irae'(parte delle cui liriche è in latino!). Quest’album mi ha un pò deluso perchè, nonostante la buona qualità della musica, è troppo simile all’icona voluta dalle migliaia di metal kids, i quali a loro volta non sono poi così distanti dai fanatici dei Backstreet Boys; la solita (splendida) copertina di Andreas Marschall, di un disco registrato ai New Sin Studios (Labyrinth, White Skull…) e masterizzato ai Finnvox (Stratovarius, Children Of Bodom, Edguy…) che non poteva quindi essere che un ottimo prodotto, con un buon song writing ben suonato, ma così vicino ai Rhapsody che a volte sembra che la voce della Martin si trasformi in quella di Fabio Lione. E’ nelle eccessive ampollosità barocche – che denotano quel ramo del power metal (conosciuto anche come hollywood) così in voga negli ultimi anni – che i Dark Moor, a mio parere, cadono nell’ovvietà dando purtroppo, all’ascoltatore più smaliziato, quasi un certo fastidio. Non fraintedete: il combo spagnolo è ben oltre la sufficienza, ma per una band del genere, dalle così grandi capacità, sarebbe forse ora di accostarsi un pò di più alle radici; di azzardare qualche passo più in là da questo sentiero sin troppo battuto negli ultimi anni, o almeno di dare un carattere più personale alla voce femminile…