9.0
- Band: DARK QUARTERER
- Durata: 01:08:53
- Disponibile dal: 08/06/2008
- Etichetta:
- My Graveyard Productions
- Distributore: Masterpiece
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I Dark Quarterer ritornano a sei anni di distanza da “Violence” con un disco da incoronare come punta di diamante della loro discografia. Le note introduttive poste all’inizio del curatissimo ed elegante booklet sono di per sé una presentazione più che invitante. “Symbols” viene infatti presentato come un viaggio tra i sentimenti umani di ambizione, orgoglio,amore, passione, rabbia, paura, coraggio, fede, disperazione e rancore, emozioni qui rappresentate attraverso personaggi passati alla storia proprio per aver esaltato questi stati d’animo. Le sei lunghe composizioni sono quindi incentrate sulle figure di Tutankhamon, Giulio Cesare, Gen Gis Khan, Giovanna D’Arco, Kuta Kinte e Geronimo. La copertina, attraversol’eterno fascino dell’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci, vuole inoltre rappresentare sia la perfezione anatomica dell’uomo che la sua centralità universale e spirituale. Dal punto di vista musicale, rispetto al passato la band ricerca un sound maggiormente legato al progressive rock e al rock anni settanta, il tutto reso molto attuale (diremmo quasi “eterno” vista la caratura del lavoro) da una produzione molto buona e dalla brillante capacità compositiva di Gianni Nepi e Paolo Ninci. Abbiamo detto “progressive” ma, per avere un’idea della musica dei Dark Quarterer, è bene tener conto anche della vena epica e classicamente heavy che il gruppo porta con sé e del fatto che il quartetto, pur avendo doti tecniche indiscutibili, non punta a darne sfoggio e non troverete quindi in questo lavoro esercizi strumentali fini a se stessi. Semmai, la musica, le atmosfere, la varietà stilistica e la raffinatezza delle melodie sono al centro degli undici minuti di durata media di ogni brano. Si passa quindi da una più heavy e veloce “Wandering In The Dark” alle dolci note della suggestiva “Ides Of March”, dove la chitarra di Francesco Sozzi e le tastiere di Francesco Longhi si integrano in fraseggi emotivi di rara bellezza e la voce espressiva di Gianni segue linee dinamiche e ispiratissime. Non ci sono cali di tensione e solo la lunghissima ed epica “Pyramids Of Skulls”, brano articolato, drammatico e dal sapore orientale, appare leggermente prolissa in qualche passaggio. “The Blind Church” e “Shadows Of The Night”, entrambe molto suggestive, varie e ricercate, ci portano verso il finale con la vera perla del disco, “Crazy White Race”, altro brano di gran classe dove la finezza delle melodie raggiunge il suo apice con un’emozionante apertura sul ritornello accompagnata da una semplice quanto elegante cornice di tastiere. Come avrete capito non è possibile e nemmeno opportuno condensare in una recensione le molteplici sfaccettature di “Symbols”, un disco forse non accessibile a tutti, da scoprire attraverso più ascolti e sicuramente dotato di una grande longevità.