6.5
- Band: DARK SERMON
- Durata: 00:43:53
- Disponibile dal: 12/04/2013
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Niente male questi Dark Sermon, giovane act proveniente dalla sempre vivace Tampa, Florida. che con questo “In Tongues” giunge al debutto discografico dopo una gavetta durata qualche anno. Il quintetto viene pubblicato in Europa dalla Nuclear Blast, che probabilmente spera di trovare la risposta al grosso successo ottenuto dai The Black Dahlia Murder della “concorrente” Metal Blade. A livello stilistico questi Dark Sermon sono decisamente più vari dei TBDM ed a tratti anche più estremi, sebbene meno efficaci; “in Tongues” infatti è un concentrato di death black a tratti piuttosto melodico, ma anche con una pesante componente death/metalcore che fa capolino qua e là. Volendo trovare dei riferimenti per la musica dei ragazzi, potremmo citare band quali Necrophobic, Job For A Cowboy ed anche Behemoth. Potenza, perizia tecnica e carica melodica quindi, che si fondono andando a creare undici brani di fattura più che discreta, lungo i quali gli appassionati non faranno fatica a trovare grosse soddisfazioni. Certo, tutto sa di già sentito ed in qualche modo nasce già vecchio; inoltre alcune pecche esecutive, dovute in gran parte alla scarsa fantasia ritmica, soprattutto di Bryson St. Angelo dietro le pelli, fa sì che questo esordio rimanga comunque destinato ai die hard fan del genere. Di contro buoni solismi chitarristici ed una performance decisamente rocciosa di Johnny Crowder al microfono fanno in modo che i Dark Sermon risultino decisamente migliori della gran parte delle band che ruotano attorno al genere musicale da loro proposto. I brani sono discretamente strutturati attorno a strutture vicine al melodic death / metalcore; vi sono alcuni passaggi atmosferici piuttosto cupi, come ad esempio in “Imperfect Contrition” o in “Forfeit II – Worn Thin”, morbosa e dal groove moderno, ma lo spazio maggiore lo occupano gli up tempo incompromissori presenti in “Hounds”, “Cursed”, “Carcass” (dai vaghissimi e lontani rimandi alla band di Walker e Steer) ed “In Tongues”, sebbene quest’ultima sia molto più complessa e goda di un finale piuttosto riuscito. Interessante “The Tree Of New Life”, che parte mellifua e tooliana salvo poi esplodere in un blackened death molto ben fatto. In definitiva i Dark Sermon riescono a confezionare un prodotto piacevole, melodico il giusto ma che quando deve pestare lo fa con cognizione di causa. Anzi, diremmo che gli statunitensi sono tra i pochi in grado di rivaleggiare in ferocia con i Job For A Cowboy (quando vogliono), pur non rinunciando a hook melodici notevolissimi di matrice svedese. Gli amanti del genere avranno poco di cui lamentarsi, per tutti gli altri ci sono i The Black Dahlia Murder.