8.0
- Band: DARK TRANQUILLITY
- Durata: 00:50:24
- Disponibile dal: 16/08/2024
- Etichetta:
- Century Media Records
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Iniziamo da alcune certezze, da qualche punto fermo, dal più classico – e utile – riassunto delle puntate precedenti. I Dark Tranquillity sono stati seminali nei loro primissimi anni di vita, dagli esordi dei primi demo a “The Gallery”, passando per “Skydancer” e allargando un po’ forzatamente il discorso anche su “The Mind’s I” del 1997. Tre dischi, due pietre miliari e mezzo del death metal melodico.
Poi, dopo il periodo di sbandamento stilistico, oggi in parte rinnegato e che ha da sempre diviso i fan, occorso con “Projector” ed il seguente, ravvicinato “Haven”, dal 2002 la band svedese ha ripreso la retta via inanellando una serie di piccoli capolavori (“Damage Done”, “Character”, “Fiction”) che ne hanno cementato il successo su scala mondiale, affiancandoli ai cugini In Flames sul trono del loro sottogenere. Gli anni dell’affermazione, insomma.
Dopo un lavoro ancora adesso indefinibile – a chi scrive “We Are The Void” (2010) piace parecchio – la lenta diaspora di membri fondatori avvenuta tra il 2013 ed il 2021 e la conseguente e duratura precarietà di formazione ha inevitabilmente reso l’ultimo trittico di dischi, quello composto da “Construct”, “Atoma” e “Moment”, simbolo del periodo più cupo e incerto a cui il pregiato gruppo scandinavo abbia mai dovuto far fronte nel corso della propria carriera.
Se aggiungiamo alla lettura qui sopra anche tutti i progetti che hanno visto partecipare molto attivamente e in primissima persona il musicista-emblema e guida del gruppo, il cantante Mikael Stanne, le nubi addensatesi sull’orizzonte dei Dark Tranquillity non erano certo rassicuranti. Fino ad oggi, possiamo finalmente aggiungere…
Ecco, i più attenti di voi avranno già avuto modo di leggere il track-by-track dedicato al tredicesimo full-length album del combo di Goteborg, così come di approfondire più volte l’ascolto dei primi singoli editi in anticipo sulla pubblicazione ufficiale di “Endtime Signals”, un titolo che, nonostante suoni profetico se associato ad illazioni sul futuro dei Nostri, in realtà è riferito più ai tempi bui che stiamo vivendo sul pianeta Terra che ad altro.
Già, perchè a tutti gli effetti – e confessiamo le nostre (allora) flebili speranze di ascoltare nuova musica esaltante da parte di una band che appariva chiaramente in fase discendente – il nuovo lavoro rilancia con tutti i crismi le ambizioni e le aspettative che i Dark Tranquillity parevano aver smarrito lentamente lungo la via. Ovviamente non si tratta di un ritorno al suono da brodo primordiale (“Skydancer”) o da ribollente magma vulcanico (“The Gallery”), bensì qualcosa di vicino al secondo periodo della band unito ad un netto miglioramento dei tratti stilistici impostati negli ultimi tre album, quelli plasmati dalle penne di Anders Jivarp e Martin Brandstrom: oggi, orfano di Jivarp, il tastierista ha trovato un perfetto alter ego compositivo nel chitarrista Johan Reinholdz, come del resto si auspicava all’epoca dell’uscita di “Moment”, quattro anni fa, quando la presenza di Reinholdz e Christopher Amott, due chitarristi con personalità e capacità, faceva ben sperare per l’avvenire.
Detto fatto, pensato avvenuto: “Endtime Signals” è un signor album di death metal melodico maturo, avvincente, vario, multisfaccettato, potente, arrangiato in modo incredibile, ispirato e, più di tutto, con le chitarre che si riprendono infine il dovuto posto di primo, primissimo piano. Ora che ci scorre amabilmente nelle orecchie, cresce inesorabilmente con gli ascolti, ci fa meravigliare con il miglior lavoro solistico (nel senso di assoli di chitarra) mai sentito su un disco dell’Oscura Tranquillità, ci pare così ovvio che un ritorno a siffatte sonorità più centrate, pesanti, dinamiche, non fosse solo auspicabile ma quasi dovuto.
Stanne, Brandstrom, Reinholdz: i Dark Tranquillity sono ripartiti da queste tre certezze, ognuna con il suo ben definito ruolo, per completare la line-up andando a pescare come al solito nella cerchia delle millemila amicizie orbitanti attorno alla scena goteborghiana e, più in generale, svedese.
Salutata la sezione ritmica dei due Anders (il fondatore Jivarp e Iwers) e Chris Amott, evidentemente non realmente interessato a fare parte del progetto, il trio rimasto ha inserito Christian Jansson al basso e Joakim Strandberg-Nilsson alla batteria, i quali, pur non contribuendo in fase creativa, danno l’impressione di essere arrivati al posto giusto nel momento giusto.
I brani che compongono la tracklist, senza stare troppo a ripetere spiegazioni e concetti già espressi nell’articolo linkato in precedenza, sono fuori di dubbio il miglior materiale composto dai Nostri da diverso tempo a questa parte, ci azzarderemmo a dire addirittura da “Fiction”. E ciò vale più che altro facendo un discorso sull’insieme del disco, che nella media risulta davvero molto, molto valido e appagante: brani profondi e d’atmosfera come “False Reflection” e “One Of Us Is Gone” fanno da contraltare alle mazzate rispondenti ai titoli di “Unforgivable” e “Enforced Perspective”, mentre tutto il resto si piazza alle mutevoli mezze strade tra gli estremi del lavoro.
Un lavoro che, lo ripetiamo, ci riconcilia con l’anima più passionale, sanguigna e toccante dei Dark Tranquillity, per un album a tratti inaspettato e sorprendente e che, cosa impensabile fino a qualche disco fa, non riesce a uscire dal lettore CD. Bravi, bravi, bravi.