8.5
- Band: DARK TRANQUILLITY
- Durata: 00:45:51
- Disponibile dal: 23/04/2007
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Innovazione. Sperimentazione. Evoluzione. Applichiamo questi tre concetti, visti in chiave musicale, alla carriera dei Dark Tranquillity: 1) la band è nata innovatrice – questo è innegabile – e “Skydancer” e “The Gallery” lo dimostrano ampiamente, due dischi seminali e storici per la nascita del Goteborg sound e del death melodico tutto; due dischi che tuttora, pur essendone l’archetipo, vanno oltre gli stilemi riconosciuti del melo-death e riescono a brillare di luce propria, immacolati e perduranti nel tempo; 2) con “The Mind’s I”, “Projector” e “Haven”, il gruppo svedese ha poi abbandonato le velleità innovative per dedicarsi ad una sperimentazione del tutto personale e originalissima, nell’atto di mostrare al mondo intero capacità fuori dal comune; tre album diversissimi fra loro, non più fondamentali, in quanto molti altri stavano già mietendo il raccolto dai nostri seminato, ma all’insegna della volubilità, dell’avanguardia stilistica e del gusto nel provare nuove strade; 3) infine, la fase evolutiva: “Damage Done”, “Character” e “Fiction”, un secondo trio di lavori in cui i Dark Tranquillity sembrano aver trovato la quadratura del cerchio, sembrano aver assaggiato tutti gli ingredienti a loro disposizione, che ora vanno ‘soltanto’ miscelati in dosi e quantità diverse, a seconda dello ‘sghiribizzo’ del periodo; non crediamo affatto si possa parlare di stasi compositiva, come alcuni detrattori da anni vanno cianciando, bensì di quella naturale e sottile evoluzione, all’interno di un definito habitat stilistico, che caratterizza ogni grande e matura metalband dell’epoca attuale.
Tramite la premessa qui sopra, abbiamo praticamente già spiegato la natura di “Fiction”, ottavo full-length album dei Dark Tranquillity: non resta che analizzarlo più nel dettaglio. Rispetto a “Damage Done” e “Character”, questo lavoro si presenta come più vario, più melodico, meno aggressivo e meno compatto. I brani si riconoscono dopo pochissimi ascolti e ognuno ha un’identità ben definita e unica; ci sono poi dei graditi ritorni che molti fan, fra i quali chi scrive, avrebbero apprezzato anche in misura maggiore: ci riferiamo alla stupenda voce pulita di Mikael Stanne, utilizzata in due episodi su dieci, e alle female vocals, assenti dai tempi di “Undo Control” e presenti qui nella conclusiva “The Mundane And The Magic”, affidate per l’occasione alla special guest Nell, la cantante dei Theatre Of Tragedy. La band è in forma: Henriksson e Jivarp sono ispiratissimi in fase compositiva, aiutati anche da Niklas Sundin, Martin Brändström e Michael Nicklasson, mentre Stanne è il growler disumano di sempre; la dinamicità della sezione ritmica, la qualità sopraffina e l’imprevedibilità delle parti chitarristiche e il magistrale uso delle keyboards hanno ormai raggiunto livelli di perfezione sempre più alti, e la stratificazione del sound permette di scoprire risvolti nuovi, pezzo per pezzo, anche dopo svariate fruizioni. Di nuovissimo – e si sente – c’è l’utilizzo del micidiale Tue Madsen e dei suoi Antfarm Studios in sede di mixaggio: le chitarre dei Dark Tranquillity sono diventate più secche, moderne e profonde, il basso pulsa alla grande e le tastiere sono la vera sorpresa del disco, messe in evidenza dalla capace mano del producer danese.
I pezzi: “Nothing To No One” è una classica opener di Stanne e soci, ovvero una traccia che preannuncia e presenta i contenuti e la direzione del disco, essendone la summa perfetta ed equilibrata, un primo capolavoro; “The Lesser Faith” è un secondo brano cangiante e zeppo di melodie pregevoli, a tratti potrebbe rammentare “My Negation” rivista in chiave heavy; è poi la volta dell’ottima “Terminus (Where Death Is Most Alive)”, caratterizzata da un pacchianissimo giro portante di synth, da accelerazioni velenose e da un riffing spesso stoppato; “Blind At Heart” è il pezzo che venne presentato all’ultimo Evolution Festival e ricalca quanto fatto su “Character”, tra tupa-tupa, blastbeat, cambi di tempo, growl paurosi e un assolo spettacolare di Sundin; la sezione di mezzo di “Fiction” rallenta le danze e con “Icipher” e, soprattutto, “Inside The Particle Storm” si torna in parte a risentire gli echi lontani di “Projector”: la prima è l’evoluzione di “The Endless Feed”, con un flavour industrial notevole, mentre la seconda inizia lenta e ha un lungo break centrale che sembra davvero estrapolato dal discusso album del 1999; si riparte in quinta con “Empty Me”, traccia simile all’opener, a cavallo tra brutalità, melodia e groove; “Misery’s Crown” sarà il primo singolo tratto da questo lavoro e non è difficile capire il perché: il motivetto iniziale di tastiera è molto pop-oriented e la successiva strofa pulita farà sciogliere in lacrime un sacco di fanciulle, mentre il chorus starebbe bene su qualsiasi brano di “Haven”; la seguente “Focus Shift” è una traccia scritta apposta per i live e ci piacerebbe sentirla appena prima dell’immensa “Final Resistance”, in quanto l’effetto dirompente è simile; chiude il tutto la finta ballad “The Mundane And The Magic”, canzone melodica e orecchiabile, ma non così mielosa come ci si potrebbe immaginare, dotata di un ritornello in cui Stanne e Nell duettano amabilmente.
In definitiva, cosa aggiungere su “Fiction”? Sicuramente i fan integerrimi e sfegatati si esalteranno sulle sue note e i detrattori che dai Dark Tranquillity si aspettano novità ogni mattina ancora una volta non saranno entusiasti. E’ indubbio che le canzoni contenute in questo lavoro sono superiori ad una buona percentuale del materiale metallico d’oggigiorno e dominano completamente la decrepita scena melo-death. Ora, se non si riesce a comprendere questo e si decide di snobbare un disco così bello, sinceramente noi possiamo solo compatirvi…