DARKEND – The Canticle Of Shadows

Pubblicato il 17/05/2016 da
voto
8.0
  • Band: DARKEND
  • Durata: 00:42:01
  • Disponibile dal: 04/25/2016
  • Etichetta:
  • Non Serviam Records

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L’aria insalubre e stantia delle catacombe che conservano le ossa dei morti, del legno scuro e pesante ma ormai marcio col quale chiudere alla meno peggio porte e finestre, che là fuori è buio e pieno di terrore e non si sa mai cosa la notte possa portare; incenso e corvi, monaci incappucciati che salmodiano, campagne desolate, l’altisonante misticismo che compone rituali racchiusi in ogni singola nota, uno schiacciante senso di oppressione. L’aria che si respira è aria di casa, di fermento e ricerca, di suoni familiari ma capaci di scatenare fame e sete, di tenerci imbambolati con le cuffie attorno alla testa per i quasi tre quarti d’ora nei quali i sette capitoli di “The Canticle of Shadows” ci molestano e cullano assieme. Il black metal sinfonico degli emiliani Darkend è vicino ai fasti dei migliori Dimmu Borgir, così come ai primi Cradle of Filth, agli Emperor ma anche a Mayhem, Marduk e Rotting Christ (e non a caso Sakis Tolis è ospite nella florida “Congressus Cum Daemone”): un black feroce, funzionale e magniloquente che sin dall’apertura di “Clavicula Salomonis” non dà tregua, partendo serrato e al tempo stesso arioso con piccoli dettagli a smorzare la tensione, ispirato e a modo suo votato ad una certa musicalità, vedansi ad esempio gli innesti di sax in “A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)” così come la costruzione chitarristica attorno ad essi, e incarnante citazioni a tutto tondo (ad esempio “Il Nome Della Rosa” alla fine di “Il Velo Delle Ombre”, apprezzabilmente cantata in italiano). La band, giunta al suo quarto album, sa esattamente come concentrare le proprie forze in un pugno di annichilenti composizioni, alternando raffiche di blast-beat con assoli che suonano come se davvero fossimo a metà ’90 e cori ecclesiastici a fare da leit-motiv attraverso le cavernose stanze che sorreggono l’abbandonata abbazia che sembra essere “The Canticle of Shadows”. Il tutto è elegantemente adornato di spoken-word, testi sia in latino che inglese e una prova di scrittura eccellente e varia tra aperture sinfoniche e riffing serrato, e non ultima la teatralità vocale – e l’ottimo screaming – di Animæ, mattatore ed oscuro cantastorie dalle cui labbra pendiamo per conoscere la fine di un racconto che fine sembra non avere. Ad impreziosire il platter troviamo inoltre delle ospitate che riescono a non essere delle mere collaborazioni al fine di mettere ‘più carne sul fuoco’ bensì spunto ed innesto di assoluto valore come quella di Attila Csihar (Mayhem, tra gli altri, ma lo sapevate già) in “Of The Defunct” – e che poi tornerà nella pomposa “Sealed Black Moon and Saturn” – così come quella del già citato Sakis e di Niklas Kvarforth (Shining) e Labes C. Necrothytus (Abysmal Grief), che, insomma, non sono gli ultimi arrivati. Da non tralasciare inoltre la copertina, splendida, e la presentazione in sé dell’opera: particolari che gran parte delle band tendono a sottovalutare e sono invece importanti, a nostro avviso, tanto quanto la proposta musicale, che può essere grezza o barocca per scelta, ma mai lasciata al caso. Un album cui forse manca un qualcosa ancora per poter parlare di capolavoro, una scintilla, quel dettaglio che trasforma un buonissimo disco in un album stellare, ma per il momento siamo contentissimi.

TRACKLIST

  1. Clavicula Salomonis
  2. Of the Defunct
  3. A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)
  4. Il velo delle ombre
  5. A Passage Through Abysmal Caverns (Inmost Chasm, II)
  6. Sealed in Black Moon and Saturn
  7. Congressus cum Dæmone
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