7.0
- Band: DARKNESS
- Durata: 00:30:30
- Disponibile dal: 27/11/2020
- Etichetta:
- Massacre Records
- Distributore: Audioglobe
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Un occhio al passato con lo sguardo verso il futuro. Un occhio sinistro, malvagio, intriso di vendetta nei confronti della società, rea di aver incatenato la libertà d’azione e di pensiero di ogni individuo, utilizzando le sue istituzioni più diaboliche: politica, religione e polizia in primis. Ed è su queste tre realtà che si fissa l’occhio sanguigno dei Darkness, tornati in pista a due anni dal precedente “First Class Violence”, con il qui presente “Over And Out”, sesto album di una carriera iniziata trentasei anni fa e che, tra una serie infinita di turbolenze interne, è riuscita a mantenere il suo marchio di fabbrica: thrash al 100% di stampo prettamente teutonico. Un disco che, come accennato nelle prime battute della recensione, si divide sostanzialmente in tre parti, concentrando in poco più di mezz’ora una sorta di salto temporale all’indietro. Se i primi tre brani, dalla kreatoriana “Every Time You Curse Me” (del resto la band è di Essen, patria di Mille Petrozza and company), alla tellurica titletrack, rappresentano i Darkness moderni, o semplicemente quelli del 2020, nella parte conclusiva del full-length l’act tedesco ci ripropone due pezzi degli esordi in aggiunta ad una cover (riuscita) dell’adrenalinica “Slave To The Grind” degli Skid Row. Nel mezzo una versione live di “Tinkerbull Must Die”, dall’album “The Gasoline Solution” del 2016, a completare il quadro d’azione del quintetto della Ruhr. Un occhio di riguardo, giusto per rimanere in tema, meritano soprattutto i due episodi finali: dal 1985 viene sparata nuovamente sulla folla la grezzissima “Armageddon”, qui più pompata ma con lo stesso risultato di trentacinque anni fa. Una martellata sul cranio seguita da un malinconico arrangiamento acustico di “Faded Pictures”, uno dei brani simbolo dei Darkness, proprio per il suo feroce attacco alla società. “Death is my reality, I don’t need your society; my life is insanity, can’t you see my faded, faded pictures“: così cantava Olli ‘Zeutan’ nel primordiale “Death Squad”; così replica oggi Oliver ‘Lee’ Weinberg, accompagnato per l’occasione dal primo chitarrista della band Pierre. Cosa aggiungere? Prendetene e thrashatene tutti!