7.0
- Band: DARVAZA
- Durata: 00:43:21
- Disponibile dal: 04/02/2022
- Etichetta:
- Terratur Possessions
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Primo full-length per il combo black metal formato da due pesi massimi della scena estrema internazionale: Omega si occupa dell’intera parte strumentale e Wraath della voce; già uniti artisticamente nel progetto Fides Inversa, i due militano (o hanno fatto parte) di una miriade di gruppi del sottosuolo black e blackened death metal, tra cui Blut Aus Nord, Behexen, Moloch, Celestial Bloodshed, Chaos Invocation e One Tail, One Head, giusto per citare i più noti.
Chiunque abbia familiarità con l’underground black metal conoscerà già i Darvaza come gli autori di tre EP dal carattere ritualistico, con trame plumbee e cariche di riferimenti esoterici che possiamo far ricadere all’interno della corrente ‘orthodox’ black metal. Li abbiamo incrociati in occasione della seconda edizione dello Stige Fest a Parma, quando abbiamo registrato una prestazione positiva della band (che si avvale di session in occasione degli appuntamenti live) nonostante una proposta non facilissima da portare sul palco.
Il termine ‘darvaza’ in persiano significa ‘cancello’ e ed è anche il nome di una località del Turkmenistan presso la quale si trova un vasto cratere originato dal collasso di una caverna piena di gas naturale, che brucia ininterrottamente dai primi anni ‘70, quando alcuni geologi hanno deciso di incendiarla per evitare la diffusione del metano. Il sito è anche conosciuto come ‘Porta dell’inferno’ o ‘Cancello degli Inferi’ per l’estensione impressionante del cratere infuocato, che alcuni abitanti locali considerano – appunto – di origini soprannaturali.
La coppia italo-scandinava riserva poche ma interessanti sorprese: il sound è tendenzialmente quello che abbiamo imparato a conoscere, ipnotico e ossessivo ma anche dotato di un ottimo appeal melodico. Pensiamo ad esempio all’opener, quella “Mother Of Harlots” che attacca all’improvviso e di peso dopo una breve intro sinfonica; l’incedere è vicino agli ultimi Inquisition e funzionano molto bene i cori di Omega. Si prosegue su binari piuttosto simili, con la differenza che “Mouth Of The Dragon” è un brano più vario in termini di cambi di tempo: all’interno di una cornice lenta e cadenzata si nascondono diversi cambi di riff e velocità pestate che mettono momentaneamente da parte l’aspetto più ipnotico e ritualistico. “This Hungry Triumphant Darkness” è sicuramente l’elemento maggiormente di rottura: ritmato, veloce e violento, è un pezzo che si rifà al thrash’n’black grezzo e catchy degli anni ‘90, perfetto per l’esecuzione dal vivo e vicino ad alcuni momenti del passato (pensiamo a “The Barren Earth”, su “Downward Descent”). Nelle tracce conclusive si torna alla base con l’utilizzo del tremolo picking, velocità più moderate e il feeling intenso, grave e distaccato tipico di questo tipo di produzioni.
I Darvaza hanno un livello esecutivo e di songwriting superiore alla media, e anche se questo album non inventa nulla il risultato è piacevole e scorrevole, complici linee vocali varie e spesso comprensibili, oltre ad una produzione migliore, più nitida e a fuoco, rispetto alle incisioni precedenti. Merita un ascolto.