7.0
- Band: DAWN OF A DARK AGE
- Durata: 00:40:26
- Disponibile dal: 10/07/2020
- Etichetta:
- Antiq Records
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Molte band in ambito black metal si fregiano del titolo di ‘avant-garde’, e parecchie di queste si limitano a declinare la supposta etichetta musicale in cambi di tempo astrusi o indossando maschere rituali sul palco. La creatura di Vittorio Sabelli alias Eurynomos, al contrario, non ha mai puntato ad acccattivarsi il pubblico con mosse artefatte, e rende ancora più esplicita la sua direzione con questo lavoro. Dopo la saga dei Sei Elementi – curiosamente ma consapevolmente conclusa in cinque album – ora i Dawn Of A Dark Age si dedicano a e narrarci l’alba storica e antropologica del nostro Paese, partendo in questo CD con la restituzione del reale ritrovamento di diversi reperti sanniti nel 1848, ivi compresa la Tavola Osca che dà il titolo all’album. Ed è proprio il popolo sannita, o meglio quell’insieme di popolazioni italiche accomunabili sotto tale nome, il vero protagonista della saga, che non a caso ebbe la propria culla geografica nelle terre d’origine del molisano Sabelli.
Musicalmente “La Tavola Osca” è quasi teatro musicato con sprazzi di folk e black metal, dai forti toni surreali nel contrasto tra la matrice classica a base di chitarre acustiche, clarinetto e pianoforte dei due atti che compongono l’album, gli inattesi (ma ben integrati) inserti di chitarre furiose e blast beat, e infine l’ammaliante e straniante voce narrante a cura dello stesso Eurynomos. Voce che si trasfigura in un growl crudele nei momenti più duri, a cura di Emanuele Prandoni (Anamnesi, Progenie Terrestre Pura, Ossario), per poi seguire linee più trasognate negli occasionali cori/vocalizzi, che esplodono particolarmente e con cadenze grandguignolesche in diversi passaggi del Secondo Atto. È forte il ruolo svolto dalla particolare ‘voce’ del clarinetto, solo uno degli strumenti che Sabelli suona con maestria, ma senza per questo mai cedere al virtuosismo; una vera e propria orchestra si esprime sotto le sue mani, per la quale ogni nota e tocco hanno un senso nell’amalgama generale. Certo, si esacerba nel complesso la dilatazione e la progressiva distanza dal metal estremo già piuttosto evidente nell’ultimo capitolo degli Elementi, con alcuni elementi caratterizzanti di “Spirit/Mystères” che esplodono ancor più – soprattutto in termini di melodia e di ricerca artistica in senso lato, anche se le sfuriate non mancano affatto.
Il risultato è qualcosa di poco definibile quanto a genere, che richiede particolare attenzione da parte dell’ascoltatore. Decisamente non inquadrabile in ambito puramente black metal, un po’ ostico al primo impatto, ma oggettivamente frutto di un lavoro curato e attento a ogni dettaglio, sia nei testi che nella musica; dotato di un suo fascino e di non pochi passaggi inquietanti, come nel finale da baccanale.