9.0
- Band: DAWN (SWE)
- Durata: 00:58:53
- Disponibile dal: 07/08/1998
- Etichetta:
- Necropolis Records
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Nel 1998 il black metal è pienamente esploso nella sua versione più commerciale – le sinfonie di Cradle Of Filth e Dimmu Borgir – e la prima ondata underground e maggiormente ferale ha già fatto il suo tempo e le sue vittime. Norvegia, Germania, Finlandia e Svezia sono (ed erano) certamente le nazioni più attive nel genere e, per quanto riguarda più precisamente il black metal svedese, non si possono non menzionare Dark Funeral, Dissection, Marduk e Nifelheim fra i principali rappresentanti, seguiti a ruota dai circa coevi Necrophobic e Naglfar e senza stare a scomodare i pionieristici Bathory. Ecco, in questo Top Team di formazioni satanic-oriented, esiste poi un combo che in pochi usano ricordare, ma che riteniamo abbia composto una delle vere pietre miliari del sottogenere, racchiudente in essa tutto ciò che traspirava e trapassava dalla più gelida Svezia degli anni Novanta. Stiamo parlando dei Dawn e del loro masterpiece assoluto “Slaughtersun (Crown Of The Triarchy)”, edito dall’americana Necropolis Records nel 1998, appunto.
“Trust the black inside…”
‘Fidatevi del nero interiore’, recita il primo verso della prima canzone, e di certo è un bell’incipit con il quale descrivere l’approccio alla musica contenuta nel disco in questione, perché principalmente sono le sensazioni che trasmette a prevalere, a partire dalla splendida cover, dove un fulgido Sole dedito al massacro può venir interpretato sia come tramonto dell’Umanità, sia come fungo atomico di terminante potenza. E il fuoco, la luce, il bagliore della copertina, una volta pigiato play, vanno letteralmente a ghiacciarsi al cospetto dell’epica opener “The Knell And The World”, un inno di negazione e pessimismo che si staglia impettito su ritmiche roboanti e un riffing melodicamente perfido. E’ qui il segreto della bravura dei Dawn, guidati dal chitarrista e principale compositore Fredrik Soderberg e dallo scream poderoso di Henke Forss (voce degli In Flames sul mini “Subterranean”): far quadrare il cerchio del black svedese, dosando in maniera perfetta i caratteristici elementi di melodia e le commistioni con il death, impiantando il tutto sulla produzione devastante made in Abyss Studios, risultando feroci all’inverosimile ma anche capaci di aprirsi verso momenti introspettivi di grande riflessione e pathos – la strumentale acustica “To Achieve The Ancestral Powers”, ovviamente. Assieme a “The Knell And The World”, che probabilmente è da annoverare tra i brani black più belli mai scritti, i punti forti di “Slaughtersun (Crown Of The Triarchy)” sono la seguente “Falcula” e l’altrettanto velenosa “The Aphelion Deserts”, tre episodi in cui le velocità sono molto elevate ma dove tutto si sposa alla perfezione, dalla minima variazione di blastbeat alle lancinanti linee della voce di Forss. “Ride The Wings Of Pestilence” e “Stalker’s Blessing” sono di più ampio respiro e permettono di rifiatare un po’, ma i Dawn ce la mettono davvero tutta per tempestare il fruitore con una colata di ghiaccio che non ustioni troppo, anzi, sfidandolo impunemente a resistere al bombardamento della quasi ora di musica. Un uso delle tastiere parsimonioso ma che puntella con sapienza le parti necessarie completa il songwriting di una band e di un disco che certamente hanno raccolto poco di quanto spetterebbe loro. I Dawn, inattivi ormai da quasi quindici anni, in realtà non si sono mai sciolti e un album di inediti fu previsto in uscita nel 2008. Ma da allora più nessuna notizia. Poco male, perché forse si andrebbe ad intaccare l’alone quasi mistico che avvolge “Slaughtersun (Crown Of The Triarchy)”, stella misantropa e autodistruttiva che continua ad emanare la sua non-luce tuttora. Una non-luce in cui soffocare.
“…and suffocate the light in me”.