7.5
- Band: DEAD CROSS
- Durata: 00:33:20
- Disponibile dal: 28/10/2022
- Etichetta:
- Ipecac Recordings
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Questa recensione potrebbe quasi essere costruita per ossimori e contrasti, e del resto non dovrebbe stupirci, viste le personalità coinvolte nel progetto.
A partire da Mike Patton, a tutti gli effetti redivivo dopo un periodo estremamente critico dal punto di vista psicologico, ma che sembra essersi rimesso ‘a fuoco’, optando anche a questo giro per un approccio vocale variegato, ma mai fuori dai canoni del genere. Certo, parliamo di un crossover (quasi) totale, che mischia hardcore, thrash e sperimentazione, ma lo fa con una cifra stilistica ormai consolidata: power chord come se piovessero, contrapposti in scioltezza a riff thrash violentissimi, immersi in un mare di sound ultra compresso ed eppure acidissimo, in cui al momento opportuno svettano i ghirigori di Mike Crain, il basso concreto e insieme folle di Justin Pearson, la feroce batteria di Dave Lombardo e Patton a fare di tutto un po’. Con questo quadro stampato in testa, la mezz’ora appena abbondante di ascolto passa via che è una meraviglia, attraverso brani che sembrano sampler di schizofrenia messa (vagamente) a freno. Dal crescendo cupo di “Love Without Love”, con i sussurri di Patton e la cadenza sabbathiana, prima dell’esplosione acida finale, passando per pezzi come “Animal Espionage” o “Ants And Dragons”, che sintetizzano accordature post punk e decostruzione noise à la Sonic Youth. C’è il puro hardcore sguaiato di brani come “Heart Reformer” o “Night Club Canary” mentre ritmiche analoghe trovano derive insieme surf e thrash nella voce su “Strong And Wrong”; un brano che, nel complesso, ricorda la nuova incarnazione dei Mr. Bungle, con filler vocali su una base in tempi dispari che riesce ad amalgamare impatto sonoro e un certo gusto melodico nel bridge. Una sintesi di metamfetamine e ascolti pop nell’adolescenza che trova spazio anche nella conclusive “Imposter Syndrome”. Citiamo per ultimo il singolo “Christian Missile Crisis”, perché con i suoi cinque minuti di durata non solo doppia pressoché tutti i brani presenti, ma in qualche modo fungeva già da perfetta sintesi di tutte le follie presenti e amalgamate in questo disco: non solo nel solco degli “scontati” e citati Mr. Bungle, ma anche dei Dead Kennedys quanto a sfrontatezza e irriverenza.
A conti fatti, ci troviamo di fronte a un disco forse meno dirompente dell’esordio, eppure solido, concreto e che ci lascia pensare che la band abbia ancora molto da dire. Un altro contrasto, insomma, perfettamente in linea con le personalità che compongono i Dead Cross.