8.0
- Band: DEAD LIKE JULIET
- Durata: 00:38:11
- Disponibile dal: 07/04/2018
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Il sestetto di Merano sgancia una bomba dal notevole impatto deflagatorio con questo debutto “Stranger Shores”, lavoro in puro stile DIY, senza label o management alle spalle. Le trame fatte di hardcore ignorante e sudore sono molto ben tessute dagli altoatesini, che riescono a modulare le proprie uscite à la Sick Of It All con degli arpeggi melodici che riescono a dare una certa ariosità al tutto, molto ben presentato da un artwork iper colorato ad acquerello che è davvero un piacere per gli occhi. La band fa il suo sporco lavoro davvero con perizia e dedizione con queste dieci tracce, andando a mazziare l’ascoltatore quando serve ma senza mai trascendere in inutili eccessi, colpendo in maniera egregia nei punti giusti, grazie ad un guitarwork ispiratissimo ed una capacità nell’architettare trame vocali solide da gruppo già smaliziato. Episodi quali il trittico iniziale composto da “The Change, “Those Rivers” e “Unwanted” settano lo standard abbastanza in alto, e predispongono molto bene l’ascoltatore alla divertentissima proposta del sestetto, fatto di ritmi sempre a tutta birra, ruggiti feroci ed un elevatissimo tasso di scapocciate, ma con un gusto per la melodia sempre presente. Un’altra caratteristica del sound dei Dead Like Juliet è la presenza di tastiere atmosferiche, riscontrabile nell’intro dal sapore quasi circense della opener “The Change”, che danno ai nostri un discreta marcia in più, in termini di eterogeneità e spessore, e che li eleva dalla massa di band di hardcore melodico che per forza di cose tendono spesso a dare quella fastidiosa sensazione di ‘già sentito’. La semplicità delle strutture fa sì che questo lavoro scorra facilmente, deliziando i nostri padiglioni auricolari con una mezzoretta di HC schietto e genuino, facendoci battere il piedino e ondeggiare la capoccia dall’inizio alla fine, senza pressoché soluzione di continuità. Passiamo dal quasi nu di “Black Sea”, alle reminiscenze indie folk dei Mumford & Sons in alcuni frangenti della title track, continuiamo poi con la rissosità di pezzi quali “Built On Crime”, dove le asce la fanno da padrone grazie a dei riff cazzutissimi, o la ‘grooveissima’ “Coming Home”, posta in chiusura di giostra. I Dead Like Juliet dimostrano di avere il pedigree necessario per ambire a diventare una delle core sensation di questo inzio 2018, sbaragliando la concorrenza con un manrovescio. E speriamo di essere solo all’inizio di una scintillante carriera per gli altoatesini.