6.5
- Band: DEAD LORD
- Durata: 00:27:21
- Disponibile dal: 11/03/2022
- Etichetta:
- Century Media Records
Spotify:
Apple Music:
L’ultimo lavoro degli svedesi Dead Lord, l’album “Surrender”, rilasciato nel settembre di due anni fa, si chiudeva con un brano dal titolo abbastanza esemplificativo: “Dystopia”. Un presagio futuristico per nulla ottimista, narrato musicalmente secondo i canoni prediletti dalla band scandinava: riff in serie, diretti e coinvolgenti, in una mistura tra hard rock ed heavy metal che, pur ponendo la basi sui lidi tracciati da una parte dai Thin Lizzy, dall’altra dalle forme più genuine e primordiali della NWOBHM, porta con sé una buona dose di singolarità, rappresentata in toto dal leader del gruppo Hakim Krim. Ed è proprio la menzionata “Dystopia” a fare da apripista a questo EP, sostanzialmente interlocutorio, realizzato dai Dead Lord; una sorta di reminder in attesa del prossimo full-length. Perché interlocutorio? Perché di nuovo, di inediti per intenderci, non vi è praticamente nulla: sei brani tra cui, oltre alla titletrack, troviamo la versione in lingua svedese di “Letter From Allen St.” (anch’essa presente in “Surrender”), qui rinominata in “I Staden Som Aldrig Slumrar Till”, e quattro cover raffiguranti le inclinazioni old school della band. Abbiamo l’hard rock danese firmato D.A.D., quello americano, più mistico, dei Winterhawk, il cantautorato statunitense di Moon Martin e la leggenda irlandese Rory Gallagher. Riproposizioni che ricalcano gli originali con poche varianti o arrangiamenti particolari operati dagli svedesi, i quali tuttavia infondono il loro marchio ad ognuna delle quattro canzoni.
“Sleeping My Day Away” perde sicuramente il suo primordiale tasso di humour surrealistico (video compreso) acquistando invece punti in fatto di grinta e sfacciataggine, ed il medesimo discorso si assesta bene anche per “Ace In The Hole”, meno meditativa rispetto alla versione dei Winterhawk, ma altrettanto carica di adrenalina. Presenta invece maggior impatto la “Hands Down” dei Dead Lord, arricchendo l’impianto ipnotico riversato a suo tempo da Moon Martin, mentre per quanto riguarda “Moonchild” c’è poco da dire: il fascino di Rory Gallagher è unico e i Nostri si limitano ad omaggiare il chitarrista irlandese introducendo il brano con un “It’s rock and roooool” urlato a squarciagola dallo stesso Krim. Il rock’n’roll: l’unica ancora di salvezza alla quale aggrapparsi. Nessuna grossa novità quindi da parte dei Dead Lord, ai quali va comunque il nostro ringraziamento per aver richiamato nomi importanti, non sempre riconosciuti a dovere, dandoci pertanto la possibilità di riscoprirli nuovamente. “Dystopia”, in conclusione ,ci mostra un gruppo in forma, solido, pienamente consapevole delle proprie capacità e dei propri obiettivi in attesa del prossimo salto di qualità.