8.0
- Band: DEAD TO A DYING WORLD
- Durata: 00:48:58
- Disponibile dal: 19/04/2019
- Etichetta:
- Profound Lore
- Distributore: Audioglobe
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Ritorna fra noi il collettivo dei Dead To A Dying World, questa volta addirittura sotto l’egida della nota Profound Lore Records. Dopo l’exploit di “Litany”, il gruppo statunitense torna con un’altra opera densa e luttuosa, che spesso sembra essere stata concepita in un peregrinare fra monti, boschi e foreste. Un album articolato in sei composizioni di varia durata, intarsiate di riferimenti doom e sludge, di fulminee schegge black metal, di atmosfere folk, di repentine virate verso sonorità di mera meditazione ambient, impreziosite, tra gli altri, dai contributi vocali di ospiti del calibro di Jarboe e Dylan Desmond (Bell Witch).
Un suono che questa volta risulta del tutto spogliato dell’afflato crust hardcore dei pur intriganti lavori iniziali, più che mai ricco di spunti di più drammatica declinazione, a partire dalla traccia iniziale, “Syzygy”, dove la voce di Mike Yeager dà ulteriore corpo ad una ballata modellata sui dettami del migliore Michael Gira. Basta meno di un ascolto completo per rendersi conto di come “Elegy” sia il lavoro più composto e levigato sinora rilasciato dalla formazione texana. L’ispirazione malinconica che sempre ha contraddistinto le produzioni dei Dead To A Dying World viene qui elevata all’ennesima potenza e ancor più venata di sensibili riferimenti al panorama folk e ambient. Sinuosa e ammaliante nelle sue cadenze, cullata dalle serpentine e multiformi linee vocali e dai puntualissimi interventi degli archi, la tracklist si schiude lentamente, come un vero e proprio allestimento narrativo, alternando con garbo i vari registri sonori, fra vuoti e pieni, fra rabbia, disperazione e abbandono. Ogni nota viene calibrata, soppesata, meditata; ogni suono viene portato al massimo della purezza raggiungibile.
A suggellare un album di preziosa tessitura compositiva, la superba “Of Moss and Stone”, quattordici minuti all’interno dei quali è racchiusa l’essenza stessa dell’opera, la sua brillante miscellanea di diversi stilemi, la notevole capacità di passare da un registro cromatico all’altro con la leggerezza di una farfalla.
Agalloch, Wolves In The Throne Room, Bell Witch e Primordial sono oggi i primi nomi che ci vengono in mente pensando alla direzione stilistica del collettivo, ma è indubbio che quanto qui proposto riesca sempre a ricavarsi una sua nicchia in modo del tutto spontaneo. I Dead To A Dying World ci fanno affacciare su un loro orizzonte, dove una ritualità arcaica si riveste di metal e di innata malinconia, per un risultato che tutti gli amanti della musica contemplativa dovrebbero cercare di assaporare.