7.5
- Band: DEAD TO A DYING WORLD
- Durata: 01:13:06
- Disponibile dal: 16/10/2015
- Etichetta:
- Alerta Antifascista
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Black e doom metal racchiusi in un involucro di crust hardcore. Con “Litany” i Dead To A Dying World sfornano un’opera notevolmente ambiziosa, sia a livello di forma che di contenuti. Lo stile prende spunto da vari filoni e registri e il materiale si presenta quasi sempre sotto forma di tracce lunghissime. Per quanto concerne le coordinate sonore, il collettivo statunitense prende tanto dai primi Ulver e dai Wolves In The Throne Room quanto dai Fall Of Efrafa e dai Remains Of The Day: la musica, in pratica, vive quasi sempre di un piacevole contrasto tra l’irruenza delle ritmiche e del grezzo comparto vocale e la dolcezza melodica garantita dall’uso di viola, violino e pianoforte. Al primo ascolto il lavoro colpisce per la sua varietà e, allo stesso tempo, uniformità. I vari brani sono piuttosto diversi tra di loro nello svolgimento, ma hanno tutti come filo conduttore un’atmosfera profondamente malinconica. E, sia chiaro, i Dead To A Dying World sono assolutamente abili nell’esaltare questa componente. Tra un “Two Hunters” e un “Elil”, tra un passaggio più introspettivo e uno decisamente più esplicito, la strumentazione è sempre dosata con cura per creare dialoghi tanto curiosi quanto ispirati. Ci si imbatte in veri e propri sfoghi in cui viene fuori tutta la voglia di distorsione della band e poco dopo ci si trova a contemplare parentesi al limite dell’ambient e del folk, immerse in una amarezza talmente tangibile da mettere quasi la pelle d’oca, soprattutto quando si percepisce l’enorme passione che guida gli archi. Certamente non sarà semplice entrare in sintonia con un’opera tanto vasta – e magari in futuro sarò il caso che i Dead To A Dying World cerchino di stringere un po’ i tempi – ma varie e attente fruizioni non mancheranno di confermare “Litany” come uno dei dischi più cerebrali ed evocativi degli ultimi tempi. Già l’omonimo debut del 2011 aveva fatto drizzare le orecchie di qualcuno, ma ad oggi è questa l’opera migliore del progetto, dato che è quella in cui meglio si assemblano la matrice crust minimale e quella doom e black metal. E si assemblano senza grandi cesure, in un ibrido architettato con cura, epico quasi quanto l’operato dei loro cosiddetti padri ispiratori. Un lavoro lungo e sofisticato, ma da prendere davvero sul serio.