8.0
- Band: DEADLY CARNAGE
- Durata: 00:38:53
- Disponibile dal: 15/09/2023
- Etichetta:
- A Sad Sadness Song
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Siamo assai contenti di rivedere protagonista sulle nostre pagine, ed in posizioni importanti, una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi vent’anni dalla scena black metal (prima) e post-metal/blackgaze (poi), i riminesi Deadly Carnage.
Con una crescita qualitativa affrontata senza troppa fretta, mettendo un mattone dietro l’altro sulla loro raffinata idea di musica oscura, i ragazzi romagnoli arrivano oggi, in questa fine estate 2023, alla piena maturità compositiva dando alla luce quello che è, a tutti gli effetti, il loro lavoro più ambizioso, curato e significativo. “Endless Blue”, quinto album sulla lunga distanza del gruppo, nasce da una genesi lunghissima, attraversante il pre-, il durante ed il post-pandemia, con idee chiarissime attorno ad un ben definito, ed affascinante, argomento concettuale, ovvero il folklore giapponese riguardante gli spiriti, gli spettri e i demoni che aleggiano sopra e dentro mari ed oceani, teatri di sogno e d’angoscia allo stesso tempo.
La premessa, dunque, non fa altro che far venire l’acquolina alla bocca.
E se parliamo di premessa, non possiamo non ricordare gli ottimi esiti di “Manthe” (2014) e “Through The Void, Above The Suns” (2018), i due dischi precedenti quello in questione: i Deadly Carnage si erano via via spostati da un’interpretazione atmosferica di un black metal molto ‘post-‘ verso un vero e proprio blackgaze caratterizzato da voce pulita e atmosfere rarefatte e oniriche.
Bene, in “Endless Blue” la trasformazione è completa ed ora la band può anche essere vista come la versione tricolore degli Alcest, sebbene la volontà di risultare e restare personali è ben evidente nelle creazioni sonore di Adres e compari. L’influenza dei primi Novembre e dei loro tratti più romantici e decadenti (per dare un riferimento ulteriore e che sia noto ai più), è anch’essa piuttosto chiara e permea di delicatezza e passione anche i passaggi più violenti dell’album; passaggi che, anche grazie alla produzione perfetta dei Domination Studio di Simone Mularoni – nei quali i Nostri hanno utilizzato strumentazione rètro, amplificatori a valvole e solo effetti analogici – in realtà non urticano mai la pelle o le sinapsi, bensì cercano di avvolgere l’ascoltatore in un turbine fumoso e impalpabile, quasi per catapultarlo subdolamente nei luoghi dove la storia si dipana, le coste del Pacifico, gli angoli remoti del Giappone dove sono ancora vive le credenze popolane e le paure che si portano dietro.
Melodie per la maggior parte dolcissime ed intrinsecamente epiche – un esempio su tutti: quella portante della conclusiva “Unknown Shores”, commovente ed esaltante allo stesso tempo – ci accompagnano per tutto il lavoro, alternate ogni tanto a combinazioni più sinistre e cupe (la partenza di “Mononoke”), dove il retaggio più ‘true’ dei Deadly Carnage fa ancora un timido capolino.
L’uso di strumenti tradizionali quali liuto, mandolino e bouzouki, suonati dall’ottimo special guest Mike Crinella, riempie di suono e particolarità le partiture studiate e perfezionate nel corso di questi anni di lunga composizione e di coscienzioso arrangiamento. La voce di Alexios Ciancio si incastra in modo soave, a mo’ di nenia cullante, tra le spire delle canzoni, in grado di evocare suggestioni e riflessioni lontane e antiche, proprio come il concept album, supponiamo, si prometteva di fare. L’andamento di “Endless Blue”, spesso intervallato a inizio o fine canzone da rumori marini di balene, gabbiani e onde che si infrangono sulle rive, è grandemente organico, un tutt’uno che consiglia ascolti completi e profondi; eppure, a ben valutare i singoli momenti del disco, si trova anche una loro precisa caratterizzazione che ne permette una rapida riconoscibilità.
Ad esempio troverete le prime due canzoni, “Dying Sun” e “Sublime Connection”, unite senza interruzione alcuna, una lunga suite dall’impatto subito notevole; dopo di loro ecco una magnifica traccia semi-strumentale, “The Clue”, la preferita di chi scrive, dal riffing ipnotico e sorretto dalla sezione ritmica Adres/Marco con maestria, capace di ricordarci le cose più riuscite dei canadesi Unreqvited ma fatte ancora meglio, con un finale imperioso ed un mandolino che, sotterraneo ma presente, trascina tutto il resto; chiude la prima parte la tranquilla “Blue Womb”, che con i suoi arpeggi e la sua malinconia conferma tutta la classe espressa dai Deadly Carnage.
Nella seconda parte del lavoro salgono in cattedra i brani che il quartetto considera più di spessore, essendo stati proposti in anteprima come singoli: ci riferiamo a “Swan Season” e “Moans, Grief And Wails”, che assieme a “Mononoke” ampliano ancor più lo spettro esecutivo del gruppo, rigirando, riplasmando e rimodellando tutti gli ingredienti messi fin qui in campo dai loro autori. Tocca poi alla già citata “Unknown Shores” salutare tutti, attraverso un incedere di raro epos ed enfasi emozionale.
Promossi a pieni voti, dunque, i Deadly Carnage, formazione che, pur non essendo sempre sotto i riflettori, ha saputo crescere in modo esponenziale dagli incerti esordi, in modo professionale e carico di passione. Tutto il lavoro speso per “Endless Blue”, dal concepimento al meraviglioso artwork, merita davvero che diate loro un’occasione. Se amate il blackgaze con voci pulite e panorami da sogno, vi troverete di certo di fronte ad una delle uscite dell’anno.