6.0
- Band: DEADLY DIVE
- Durata: 00:36:14
- Disponibile dal: 22/12/2011
- Etichetta:
- Jetglow Recordings
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I Deadly Dive sono una giovane realtà proveniente dalla cosidetta Svizzera italiana, il Canton Ticino, precisamente dalla città di Lugano. Giovani, pieni di energia, di speranza e di voglia di fare, i quattro musicisti (presentati sul disco usando degli acronimi molto corti come Brigu, Jurim Vichai e Deo) scelgono la strada più consona alla loro personalità frizzante e ad un umore festaiolo, dedicandosi così al più classico hard rock di derivazione AC/DC, con risultati tutto sommato prevedibili, ma a tratti anche interessanti. Anche se l’orientamento musicale dei dieci pezzi componenti questo debut dall’indicativo titolo “Snakebite” è spesso ricaduto sulla musica prodotta dalla ben nota band australiana, durante l’ascolto si possono sentire talvolta anche echi di band più rumorose e stradaiole come gli Aerosmith o i primi Guns N Roses, presenti con piccole influenze impastate nel tessuto ritmico che si appoggia al solito ritmato riffing di marca Angus Young. Ovviamente, già da queste prime linee di recensione è possibile capire che non ci troviamo davanti ad una band originale o che ha avuto chissà quale idea folgorante per stupire gli ascoltatori; piuttosto, la forza di questo album sembra stare proprio nel riproporre riff e soluzioni vecchie e stantie con un’energia ed una convinzione che tutto sommato finiscono anche col trascinare l’ascoltatore negli indiavolati ritmi delle loro canzoni. A parte la coinvolgente energia, un altro punto a favore di questa giovane band risulta essere la capacità di scrivere alcuni pezzi più ragionati e dotati di minor spinta, ma di una maggior classe: paradossalmente, sono proprio questi pezzi che finiscono col piacerci di più, anche perché fungono da ideale ‘break’ tra una serie di canzoni molto simili, che ascoltate di fila finirebbero inevitabilmente col far abbassare l’attenzione. Ed ecco quindi che con la ‘quasi elegante’ “So Crazy”, che ricorda Hardline di Gioeli o gli Steelhouse Lane, oppure con le belle melodie della frizzante “Undress Me”, i quattro luganesi riportano le sorti di un album che sarebbe risultato tristemente privo di attrattive su una tutto sommato meritata sufficienza. A volte, soprattutto quando si suonano generi abusati come questo, bastano pochi colpi di coda ben assestati per rendere più interessante un album altrimenti fragile… e così è stato con questo “Snakebite”. Certo, il lavoro nel suo intero rimane comunque derivativo e scontato, ma la presenza di questi tre o quattro pezzi di maggior classe e la inesauribile energia di fondo finiscono col renderlo quantomeno godibile. Assolutamente sconsigliato a sinistri figuri vestiti di nero fan della musica dark o delle sonorità più heavy; ma se vi piace l’hard rock nella sua concezione più pura e volete un disco da ascoltare senza impegno giusto per canticchiare un po’… è giunto per voi il tempo di ricevere lo “Snakebite”!