DEAFHEAVEN – Infinite Granite

Pubblicato il 12/08/2021 da
voto
7.5
  • Band: DEAFHEAVEN
  • Durata: 00:53:36
  • Disponibile dal: 20/08/2021
  • Etichetta:
  • Sargent House

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Uno dei commenti più comuni ascoltati in giro alla notizia che il nuovo lavoro dei Deafheaven avrebbe rappresentato una svolta verso lidi sonori più ariosi è stato “Finalmente gettano la maschera da metallari!”, come se sinora il gruppo californiano si fosse sempre posto come paladino del puro black metal. In verità, come ben noto a chiunque abbia mai ascoltato con attenzione il repertorio della band, la componente shoegaze, post e indie rock è sempre stata importante, se non predominante, nella base del sound Deafheaven, tanto che in certi casi solo le acide screaming vocals di George Clarke sono state in grado di differenziare il quintetto da una qualsiasi realtà appartenente a una di quelle scene musicali.
Dopo avere sperimentato con la voce pulita su “Night People”, fra gli episodi centrali del precedente “Ordinary Corrupt Human Love”, il gruppo torna dunque con un album ancora più esplicito e coraggioso su quel fronte, mettendo al centro del proscenio un Clarke nel ruolo di vero e proprio cantante e un lotto di canzoni più leggere, dall’incedere più snello e dai suoni organizzati in liquida trama espressiva, grazie anche a un inedito utilizzo di synth. “Great Mass of Color”, la traccia più marcatamente orecchiabile dell’intero lavoro, una costruzione musicale dalle gradevoli linee melodiche in stile Ride, è stata scelta come primo singolo, tuttavia anche i brani più lunghi e strutturati di questo “Infinite Granite” emanano una diversa vitalità, mantenendosi per lo più lontani da qualsiasi eccesso metal, ma al contempo stando ben attenti a non scadere in facili formule pop. I Deafheaven, dunque, non cedono completamente all’universo della classica forma canzone, continuando a prediligere percorsi più ampi e descrittivi, architettando una tracklist che senza dubbio è lungi dall’inventare nuovi canoni stilistici, ma che ugualmente sa come lasciarsi ascoltare, puntando tutto su un songwriting pratico e arrangiamenti ben curati, al pieno servizio di quella spiccata fascinazione nostalgica, ispirata in primis a nomi come Slowdive o Catherine Wheel, che da sempre contraddistingue molti dei passaggi strumentali della loro proposta. Per lo più senza blastbeat e con lo screaming relegato a un paio di comparsate, la band offre insomma un distillato della propria natura prettamente melodica e sognante, aprendo alla grande con un pezzo elegante come “Shellstar”, in cui Clarke appare subito sufficientemente a proprio agio con il nuovo registro, e arrivando con la conclusiva “Mombasa” a non deludere del tutto le attese dei fan della prima ora e di chi sceglierà a priori di seguire il suo percorso artistico, grazie a un episodio in cui riemergono alcuni spunti più aggressivi su una batteria che nella seconda parte torna a viaggiare su velocità elevate. Nel mezzo del disco non tutto si fa ricordare allo stesso modo, tuttavia l’ispirazione e il carisma di Kerry McCoy e soci escono in modo assoluto nei momenti che contano, mettendoci fra le mani una prova che, pur concedendo poco a quella sorta di post-black metal con cui i californiani sono diventati celebri, nel suo insieme sa come rivelarsi patinata, attuale e soprattutto gradevole al punto giusto.

TRACKLIST

  1. Shellstar
  2. In Blur
  3. Great Mass of Color
  4. Neptune Raining Diamonds
  5. Lament for Wasps
  6. Villain
  7. The Gnashing
  8. Other Language
  9. Mombasa
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