
7.0
- Band: DEATH BEFORE DISHONOR
- Durata: 00:25:00
- Disponibile dal: 16/05/2025
- Etichetta:
- Bridge Nine
I Death Before Dishonor sono da tempo una piccola certezza per chi ama l’hardcore più duro e genuino, e il nuovo “Nowhere Bound” non fa eccezione. Dopo alcuni alti e bassi nella loro discografia – fisiologici, specie quando numerosi cambi di formazione incidono su chimica e ispirazione – il quintetto di Boston sembra aver ritrovato la rotta con questa nuova prova in studio. Il disco si rivela infatti un concentrato di hardcore metallizzato nella misura giusta, inevitabilmente derivativo, ma capace di suonare sincero senza risultare stucchevole o forzato.
Fin dalle prime battute, “Nowhere Bound” dimostra di voler tornare a quel suono essenziale che aveva reso i Death Before Dishonor una sorta di nome di culto nei primi anni Duemila: strutture semplici, un taglio metallico nel lavoro di chitarra, chorus debordanti e quell’energia tipica di chi, del proprio nome, ha fatto una dichiarazione di intenti. I brani si susseguono veloci e abrasivi, mantenendo sempre una struttura compatta: pochi fronzoli, tanta sostanza. Non manca qualche spunto thrash nel riffing – aggressivo, ma naturalmente mai troppo tecnico o autocompiaciuto – mentre il comparto ritmico si mantiene ancorato a soluzioni classicamente hardcore.
Il paragone coi Terror viene naturale, ed è sicuramente utile per dare un’idea dell’impostazione sonora del disco. Laddove alcuni episodi passati dei Death Before Dishonor si erano avventurati in territori eccessivamente metallici o, all’opposto, troppo melodici (con esiti non sempre convincenti), qui il quintetto riesce a centrare un equilibrio solido. Certo, alcuni spunti più heavy non mancano – anche qui alcuni riff sembrano usciti dritti dritti dal manuale dei conterranei Hatebreed – ma il cuore resta profondamente hardcore, viscerale, rabbioso e leale al suo pubblico.
Il songwriting è insomma agile, senza inutili complicazioni: ogni pezzo punta diretto al bersaglio, valorizzando l’impatto emotivo più che la ricerca della novità. Se da un lato questo può alla lunga far emergere un senso di déjà-vu, dall’altro conferma come i Death Before Dishonor abbiano scelto di restare fedeli alla loro identità, senza inseguire evoluzioni che non sentono proprie.
Tra i brani più riusciti spicca la title-track “Nowhere Bound”, che non a caso richiama le origini della band: il pezzo, infatti, era già comparso in forma più grezza nel debutto “True Till Death” del 2002, a testimonianza di un forte legame col proprio passato. Qui, in una veste più potente, suona come una dichiarazione d’intenti: i Death Before Dishonor sono ancora qui, magari con qualche cicatrice in più, ma sempre determinati.
Si può parlare insomma di un buon ritorno, che rinsalda la reputazione del gruppo come uno dei più autentici rappresentanti di una certa scena hardcore americana. Un disco pensato per chi sa ancora cosa significa credere in certi valori, e che dal vivo – tra sudore e stage dive – acquisterà sicuramente ulteriore forza.