6.5
- Band: DEATH DEALER UNION
- Durata: 00:54:20
- Disponibile dal: 22/09/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
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Quando si dice una manovra a tenaglia. Dopo il posizionamento nel vecchio continente con il ‘nu core’ degli Infected Rain – anche se i Jinjier appaiono ormai irraggiungibili, così come Employed To Serve e finanche gli ultimi arrivati Vexed sembrano aver messo la freccia – l’iperattiva Lena Scissorhand, sempre spalleggiata dalla bulimica Napalm Records, sembra ora lanciata alla conquista d’oltreoceano con i Death Dealer Union, semisconosciuta band dedita a quello che potremmo definire una sorta di alternative dark metal. In termini più prosaici, immaginate un mix tra le ritmiche dei Five Finger Death Punch e la teatralità un po’ pacchiana degli In This Moment, il tutto guarnito con un pizzico di gothic metal da discount: un mix sulla carta non irresistibile, ma che alla prova dei fatti fila abbastanza bene, pur senza davvero inventare nulla.
Gran parte del merito è sicuramente della carismatica frontwoman, qui più impegnata a miagolare che a ruggire, ma comunque in grado di tenere alta l’attenzione quando calata nel personaggio da dark lady: dopo la cinematografica title-track, intro strumentale in odore di “Stranger Things”, ad impostare il registro dell’album ci pensa “The Vow Of Silence”, robusto uptempo che tra schitarrate e tastiere ficcanti incarna alla perfezione l’attitudine over the top d’oltreoceano, così come “The Intergument”, “Big Blue”, “The Downfall” o “Anew” potrebbero essere state scritte a quattro mani da Zoltan Bathory e Maria Brink.
Di contro, canzoni come “Ill Fated” e “Ekphrasis” puntano fin dal titolo sul lato più esoterico che musicalmente si traduce in un alternative gothic sinfonico scontato come un’offerta volantino del Lidl, avvicinandosi agli ultimi Sirenia con però l’intero comparto vocale (scream inclusi) affidato a Lena Mani di Forbice; a chiudere il cerchio, infine, le tastiere quasi ‘love metal’ di “Back To Me”, complemento di un album sì studiato nei minimi dettagli, ma comunque piacevole all’ascolto.
Nonostante una durata media dei pezzi abbastanza sostenuta e una formula degna del famigerato algoritmo, “Initiation” scorre via tutto sommato in fretta (con l’eccezione della moscetta “Love Me When I’m Ugly”) fino alla conclusione con la più elaborata “Beyond Heaven” , riuscendo a far quanto meno galleggiare questo debutto nel mare magnum di uscite iper pompate ma tutte uguali. Il tempo dirà sulla durevolezza di questo progetto: per il momento portiamo a casa una manciata di singoli per la playlist in palestra e un’ulteriore conferma sul talento della cantante moldava.