9.5
- Band: DEATH
- Durata: 00:56:08
- Disponibile dal: 15/09/1998
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Questo è un album che conoscete tutti e parlarne è difficile, perché difficilmente potremo dire cose originali; tanto vale quindi affidarci ad impressioni molto personali che possono fungere da curioso spunto per quanti di voi leggeranno. Dicevamo: parlare di “The Sound Of Perseverance” dei Death è come parlare del ghiaccio rosso. Il rosso non sta per qualcosa che ha che vedere col sangue, visto che si parla di death metal: il rosso è qualcosa che deve evocare nel vostro immaginario lo spettro emotivo connesso a quel tipo di vibrazione cromatica. Il rosso, cari lettori, è il colore di quelle passioni furenti che bruciano alimentate da un’ideale, estetico o quale altro esso sia: nel nostro caso Chuck Schuldiner ne aveva uno di perfezione, tutto suo, che è riuscito ad imprimere nelle canzoni di questo disco. Esse scorrono perfette, infatti, nel raccontarci lo spettro emotivo di un uomo di grande profondità, spesso additato come tiranno e ancora più spesso incompreso nelle sue motivazioni più nascoste. I pezzi che ascoltate ogni volta che mettete il disco nell’apposito lettore non hanno nulla di lasciato al caso: le loro strutture complesse, ricche ma mai ridondanti, affidano alla nostra percezione forme ordinate e cristalline che, luminose, richiamano appunto la bellezza essenziale di un cristallo di ghiaccio. Un disco come questo è il completamento di un percorso espressivo individuale, intrapreso nei lustri precedenti, che nasce dalle forme più estreme del genere heavy metal e si sviluppa semplicemente per garantire all’autore libertà espressiva totale, libertà di raccontare ad una porzione di mondo che la musica era la ragione per cui Chuck Schuldiner esisteva. Ecco perché non ci dovrebbe essere assolutamente sorpresa se dalle canzoni emergono influenze classicamente heavy metal: si tratta di codifiche metabolizzate da Schuldiner come influenze, che vengono in questo disco riassemblate secondo un approccio death metal. Cosa significa in effetti ciò? Che ogni elemento tipico, e distintivo, dei generi evidenziati si mostra nella sua veste più puramente funzionale: non avrete semplicemente il pezzo death metal con dentro anche una cavalcata di tre minuti, per dire; no, la cavalcata durerà il numero di battute che serve a farci capire che l’autore, in quel momento, aveva pensato così e l’aveva espresso in totale libertà: ascoltate “Spirit Crusher” e capirete cosa vogliamo dire in questo particolare caso. Lo stesso avviene per i cambi di tempo che deformano ogni composizione affinché la sua forma diventi qualcosa di meravigliosamente unico. Così è anche per gli inserti melodici, per i soli e per ogni cosa che componga questo disco: niente ridonda e niente ritorna, è un flusso continuo, una summa di esperienze ed idee, passate e presenti, che Chuck Schuldiner ha avuto voglia di illustrarci. E’ un po’ che parliamo (noi) e che leggete (voi): bisogna dunque fare un ragionamento conclusivo che, secondo chi scrive, è doveroso nei confronti di quest’opera; tutto quello abbiamo detto, infatti, ci lascia intendere che i Death, nell’ultimo capitolo della loro esistenza, avevano imparato come arricchire la loro proposta musicale con ciò che gravitava esternamente, generando un mezzo espressivo che sapeva fare uso integrato di molteplici linguaggi: signori, questo altro non è che l’intento più germinale di ogni cosa che voglia definirsi progressiva, nella sua accezione più vasta. Sì, lo abbiamo fatto, abbiamo usato per “The Sound Of Perseverance” il termine “prog”, così gelosamente custodito da tutti quelli che si seviziano il cervello con tempi storti e fini solamente a sé stessi, cercando di darci a bere che “i gusti sono gusti e i miei sono meglio”.
Nota: in separata sede vi ricordiamo che l’album in questione verrà ripubblicato dalla Relapse il 15/02/2011, con l’aggiunta di un secondo CD contenente vari demo come tracce bonus: