7.0
- Band: DEATH WOLF
- Durata: 00:41:20
- Disponibile dal: 10/12/2019
- Etichetta: Regain Records
- Distributore: Masterpiece
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La creatura di Morgan Håkansson torna fra noi per il quarto episodio della sua discografia; e come suggerito dal titolo, si tratta del nuovo capitolo di una saga musicale che non punta certo a destare stupore, ma a portare avanti un obiettivo semplicissimo: divertirsi. L’approccio musicale è in linea di massima sempre quello: un heavy metal molto diretto, grezzo, dalle forti influenze horror nei testi e nell’immaginario; cresce però, rispetto ai primi tre album, la componente doom che pure già faceva capolino. Certo, si tratta di un doom che risiede principalmente negli arrangiamenti ribassati, nel ruolo primario del basso (non a caso suonato proprio da Morgan) e in rallentamenti ad effetto; i brani, infatti, restano ancora ben lontani da dilatazioni funeree e smisurate, optando quasi sempre per una durata immediata e per linee vocali e riff molto accattivanti. Ci possiamo quasi sbilanciare portando come termine di paragone i Candlemass di fine anni Novanta: anche dietro il microfono Valentin Mellström, pur fedele a un discorso di immediatezza rock, cede in alcuni brani a derive liturgiche, sebbene ci vengano in mente, appunto, quelle più edulcorate di Björn Flodkvist. Ciò si nota particolarmente nei brani conclusivi, dove anche il resto della band dilata le sonorità e vira verso una cupezza maggiore e più elaborata; a partire dall’arpeggio che apre “Serpents Hall”, un brano dove poi i Death Wolf giocano un po’ a fare i Paradise Lost, passando per la cadenzata e funerea “Into The Woods”, non priva di elementi quasi gothic, per arrivare alla vera novità del disco, ossia la conclusiva “Conquerors Dance”. Qui la sezione ritmica si trasfigura al limite del drum’n’bass – per quanto a bpm ridottissimi – e Mellström declama con pathos una linea vocale sofferta e lirica, non priva di richiami ai momenti più avvolgenti di band come The Mission o The Cult. Questi ultimi brani, francamente, sono quelli che alzano con decisione il voto complessivo; le prime sette tracce, analogamente a quanto sentito in passato, si limitano ad essere buoni e discretamente trascinanti episodi, scritti però con lo stampino. Vedremo se in futuro la svolta più ‘dark’ prenderà il sopravvento e i quattro svedesi sapranno stupirci.