DEATHEVOKATION – The Chalice of Ages

Pubblicato il 21/01/2023 da
voto
8.5
  • Band: DEATHEVOKATION
  • Durata: 01:00:58
  • Disponibile dal: 01/02/2007
  • Etichetta:
  • Xtreem Music

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Music that doesn’t follow trends is meant for the ages”.

Nel 2023, parlare di old-school death metal significa necessariamente confrontarsi con un filone florido e vastissimo, che a livello numerico ha più che surclassato le band e le uscite a cui, ormai da un decennio abbondante, si ispira per le proprie visioni e le proprie atrocità. Non basterebbe infatti un mese per elencare tutti quei gruppi che, sull’onda lunga del ‘successo’ dei pionieri di questo revival e della riscoperta di vari totem degli anni Ottanta/Novanta, hanno pagato pegno alla causa del metallo della morte più ruvido e tradizionale, in un’escalation che ha portato inevitabilmente certe scelte stilistiche a perdere parte del loro effetto novità (per quanto paradossale sia questa definizione, trattandosi di stilemi ultra-classici e datati). Non si poteva dire la stessa cosa qualche lustro fa, quando, in assoluta disparte dai circuiti death metal più in voga in quel momento, prevalentemente incentrati sulla tecnica e sulla velocità di esecuzione, un manipolo di musicisti iniziò a volgere lo sguardo al passato con il preciso intento di riesumare una sporcizia e un’istintività quasi dimenticate dal pubblico e dalla critica, componendo quelli che poi sarebbero diventati gli apripista di questo ritorno di fiamma su vasta scala.
Dead Congregation, Disma, Funebrarum, Repugnant, Sonne Adam… tutta gente che, ancora oggi, può contare su un appeal tangibile all’interno della scena (si pensi all’operato di vari rampolli delle scuderie Profound Lore, Invictus Productions o 20 Buck Spin), e che all’epoca del rilascio dei vari “Epitome of Darkness” e “Purifying Consacrated Ground” condivideva le tenebre dell’underground con una formazione non meno audace e intraprendente, purtroppo caduta nell’oblio nonostante la bontà di una scrittura da colpo al cuore per qualsiasi amante della vecchia scuola europea. Loro erano i Deathevokation, da La Jolla, California, e di caldo e solare (aggettivi facilmente accostabili allo Stato americano) non avevano nulla. Piuttosto, nell’arco di pochi anni e di una manciata di pubblicazioni (un demo, tre split e il suddetto full-length), i Nostri fecero calare l’inverno su un circuito per nulla preparato a certi suoni, evocando con innato talento i paesaggi innevati e uggiosi di Scandinavia, Regno Unito e Paesi Bassi, guidati dalla creatività di un ragazzo – il tedesco Götz Vogelsang, qui impegnato alla voce e alla chitarra – totalmente ‘dentro’ questa concezione di death metal.
L’apice di questo fugace ma brillante percorso, dopo l’ottimo demo “Blood” del 2005, lo si raggiunge con il qui presente “Chalice of Ages”, opera che, licenziata da una Xtreem Music un po’ superficiale in fatto di promozione, sa davvero di testamento immortale, di viaggio a ritroso nel tempo fra le pieghe di alcune pietre miliari dei tardi anni Ottanta e dei primi anni Novanta, tanto da sembrare – per atmosfera, resa sonora, songwriting – loro coetanea. Un suono che parte dalla Svezia di Unleashed, Gorement e Dismember (e non potrebbe essere altrimenti, visto il monicker), passa dalla Coventry dei maestri della guerra Bolt Thrower e finisce nell’Overijssel terrorizzato dai primi vagiti di Pestilence e Asphyx, e che in questo suo pellegrinaggio non fatica a raggiungere punte di eccellenza degne dei suddetti mostri sacri. Brani lunghi, a tratti lunghissimi, ma caratterizzati da una fluidità di fondo che ne rende sempre vivace lo sviluppo, in cui un riffing imponente e mai troppo fulmineo è sostenuto da impalcature ritmiche senza fronzoli che si prestano perfettamente all’andamento roccioso della tracklist. Su questa base marcia e aggressiva, sottolineata da un profondo growl di stampo finnico, l’album dispensa poi delle parentesi melodiche che, ora attraverso dei lead di chitarra dai toni epici (di nuovo, tornano alla mente i Dismember di “Like an Everflowing Stream”), ora grazie a delle pennellate acustiche sconfinanti nella pura malinconia, elevano l’operato del quartetto a qualcosa di molto più sentito e sfaccettato di un rigurgito di barbarie, generando un flusso umorale dall’impatto e dalla solennità pressoché tangibili.
Nell’arco di sessanta minuti di durata, ogni riff e cambio di tempo diventa così un evento che sancisce l’amore fra questi musicisti e il genere in questione (preso nella sua forma più pura, irreprensibile, autentica), facendo sì che l’album si sviluppi e giunga al termine sulle ali di una compattezza e di una spontaneità impensabili per molte realtà nate negli anni successivi. Perché, proprio come nel caso degli affermatissimi Dead Congregation, il termine revival non si presta bene a descrivere l’intento artistico dei Deathevokation, i quali videro probabilmente nell’old-school death metal l’unica risposta possibile al loro desiderio di imbracciare gli strumenti e fare musica. Una spinta innata, una tensione interna descrivibile solo con il linguaggio delle emozioni, che perle come “Rites of Desecration”, “The Monument”, “Embers of a Dying World” e la passionale “As My Soul Gazes Skywards” cristallizzano durante l’ascolto in una proposta tanto semplice da decifrare quanto ricca di chiaroscuri, dettagli e dinamiche non lasciati al caso.
In definitiva, avete già consumato i vari “Shadows in the Deep”, “Realm of Chaos”, “The Rack” e il succitato esordio di Fred Estby e compagni? Stravedete per l’odierno circuito underground death metal? Fate un favore a voi stessi e recuperate l’esordio di questo oscuro progetto statunitense, autore sì di un solo full-length in carriera, ma dal contenuto fondamentalmente senza tempo. Semplicemente bellissimo.

TRACKLIST

  1. Rites of Desecration
  2. Acherontic Epitaph
  3. The Monument
  4. Embers of a Dying World
  5. The Chalice of Ages
  6. Infinity Blights the Flesh
  7. Carrion
  8. Chunks of Meat (Antropomorphia cover)
  9. As My Soul Gazes Skywards
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