9.0
- Band: DEATHSPELL OMEGA
- Durata: 01:17:00
- Disponibile dal: 01/02/2004
- Etichetta:
- Norma Evangelium Diaboli
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2004. Euronymous è sepolto da più di dieci anni. L’aria puzza ancora di chiesa bruciata. La forgia del metal più oscuro non si è mai fermata, tenendo strenuamente il passo con i tempi: no, il black metal non è stato un fenomeno passeggero. I riflettori sono puntati soprattutto sull’epopea black-death di “Demigod” dei Behemoth, consacrati proprio nel 2004 da un contratto con una major e dall’ arresto per un concerto ritenuto offensivo dalle autorità polacche. Nel frattempo, lontani dal clamore, i francesi Deathspell Omega stanno muovendo qualcosa di ancora più oscuro.
Anche se la qualità di “Si Monumentum Requires, Circumspice” fu immediatamente riconosciuta dagli addetti ai lavori, la stessa identità artistica dei Deathspell Omega escludeva che il loro lavoro potesse portarli alla ribalta: nessun live, nessuna promozione, nessuna certezza sull’identità dei musicisti, un profilo ideologico con poche luci e molte ombre. Ma se parliamo di black metal europeo, è impossibile non citare questo lavoro come uno degli album che hanno fatto la differenza, pioniere su una strada lungo la quale, in modi e con esiti diversi, hanno tracciato i loro sentieri band come Schammasch e Batushka.
Lasciati alle spalle i trascorsi più tradizionalisti, i Deathspell Omega bussarono alla porta giusta – quella di Norma Evangelium Diaboli – con in mano un cofanetto di oscure meraviglie. L’etichetta francese si stava affermando per ciò che è, ovvero una fucina di prodotti poco inclini al compromesso e discretamente avanti sui tempi (solo l’anno prima aveva sfornato “Casus Luciferi” dei Watain, oggi produce i Mispyngmir). Oltre che un album, i Deathspell Omega misero sul tavolo una visione. Una visione ancora da limare in certi dettagli, ma già chiarissima: l’Inferno è un’orgiastica messa nera celebrata negli abissi della Terra, in un luogo senza tempo che trasuda sacralità e perversione. Ne uscì fuori un disco monumentale, impegnativo, spiazzante in tutti i sensi possibili. “SMRC” riprende atmosfere e canoni fissati da “De Mysteriis Dom Sathanas” e li rilegge in un’ottica, per così dire, più ‘adulta’, tecnicamente così spinta da essere etichettata come prog, sostenuta da architetture compositive e riferimenti intellettuali di ampissimo respiro. In un lupercale di riff memorabili e linee di batteria che fanno sussultare sulla sedia, i Deathspell Omega mettono in scena una vera e propria liturgia satanica con tanto di cori gregoriani, rivelando un’esegesi del black metal che forse per la prima volta, al tempo, mescolava in modo davvero convincente l’odore di zolfo con quello dell’incenso.
“Si Monumentum Requires, Circumspice” seduce e disorienta l’ascoltatore con la sua maestosa complessità, con la profondità oscura dei suoi testi e degli scenari che descrive, lasciandolo dopo quasi ottanta minuti di ascolto con la sensazione che la sua anima sia stata espugnata dopo un lungo assedio. Le invocazioni di “First” e “Second Prayer” (col suo andamento serpentino, quasi peccaminoso) e le professioni di fede “Sola Fide I” e “Sola Fide II” aprono le celebrazioni, evocando tutto il male del cosmo nella cattedrale oscura dove – lo si capisce presto – da spettatori ci si scopre prigionieri. A chiudere le catene sui polsi sono i riff trascinanti di “Blessed Are The Dead Whiche Dye In The Lorde”, che suona come un accendersi di fiaccole nel buio. Su “Hetoìmasia” si assiste impotenti a una caccia selvaggia di spettri, omaggio maestoso alla vecchia scuola che accompagna, passando per l’anticamera di “Third Prayer”, verso il vero trionfo del Maligno, celebrato nella solenne title-track. “Odium Nostrum” è l’invito a lanciarsi nel baccanale con un’orda diabolica, ma solo per qualche minuto; su “Carnal Malefactor” i cori e la voce quasi recitata richiamano presto alla meditazione. “Drink The Devil’s Blood” e “Malign Paradigm” celebrano i misteri conclusivi, in un’atmosfera carica di presagi e occulte rivelazioni. E poi? Poi bisogna trascinarsi nel mondo di sopra, ancora ubriachi. Si richiude la custodia del disco, con quell’artwork disturbante. Solo allora si coglie il senso di tutto il lavoro: “Se cerchi il suo monumento, guardati attorno”. Proprio come Londra stessa è il monumento dell’architetto Christopher Wren, sulla cui tomba è incisa la frase che dà il titolo all’album, così il mondo intero, la nostra realtà, tutto è il monumento del Diavolo. Se cerchi il suo monumento, guardati attorno.