8.0
- Band: DEATHSPELL OMEGA
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 23/03/2022
- Etichetta:
- Norma Evangelium Diaboli
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Ormai dai vent’anni, l’uscita di un nuovo disco dei Deathspell Omega si accompagna ad un’onda lunga di stupore e reverenza che porta inevitabilmente il progetto francese ad attirare su di sé le attenzioni dell’intero circuito estremo, quasi come se il suo contenuto fosse la voce di un oracolo da cui carpire segreti e misteri altrimenti inaccessibili. O una macabra profezia per i tempi a venire. “The Long Defeat”, annunciato a sorpresa dalla Norma Evangelium Diaboli a pochi giorni dalla sua effettiva pubblicazione, è l’ultima tappa di questo percorso volto alla scomposizione delle certezze e alla celebrazione di un approccio libero e vagabondo nelle torbide acque del black metal moderno, genere che lo stesso trio ha contribuito a ridefinire e a plasmare a propria immagine e somiglianza nel corso di una carriera invidiabile in termini di coraggio e unicità.
Un’opera per certi versi spiazzante, se si sceglie di identificare il gruppo unicamente come l’architetto di quelle cattedrali di avanguardie e dissonanze che rispondono al nome di “Si Monvmentvm Reqvires, Circvmspice” o “Paracletus”, e che porta avanti – rivisitandolo nuovamente – il processo di snellimento delle trame avviato da “The Furnaces of Palingenesia” nella primavera del 2019, manifestando nel suo schiudersi apocalittico un rinnovato gusto per la melodia e l’armonia. Concetti che finora non avevano trovato grosso spazio nei discorsi estetici e stilistici dei Nostri, ma che oggi, esaltati da una produzione live che sembra voler intrappolare il calore di ogni tocco, di ogni stridore, finiscono per essere incorporati con sensibilità e coerenza nel flusso inquieto della tracklist, quasi come se facessero parte della proposta da sempre.
Uno sguardo rivolto alle note lunghe e dolenti di certo ‘post’ metal viscerale e primigenio (Neurosis?) che, curiosamente, avvicina i Deathspell Omega alle centinaia di formazioni nate alla loro ombra, e che al contempo – in un beffardo sfoggio di supremazia – ne rimarca il divario a livello di personalità e autorevolezza nell’interpretazione. Anche quando Mikko Aspa e compagni decidono di esplorare uno scenario meno ostile dell’universo musicale, ricorrendo a soluzioni vagamente familiari (o comunque non del tutto aliene), lo fanno insomma a modo loro, secondo un’indipendenza creativa che porta il risultato finale a diventare un modello di riferimento per la scena, oltre che una vera fuga dalla banalità e dalle noie del mondo moderno.
Ciò è evidente fin dagli undici minuti dell’opener “Enantiodromia”, episodio durante il quale la voce dell’ospite Mortuus (Marduk, Funeral Mist) si intreccia ad una filigrana di riff e ritmiche che muta continuamente la propria texture – ora malinconica e crepuscolare, ora enfatica e declamatoria, ora oscena e morbosa – seguendo il circolo di un uroboro che conferisce mirabile fluidità all’insieme. Un episodio che setta immediatamente gli (alti) standard dell’ascolto, a cui seguono una manciata di brani più facili da decifrare con le sensazioni che con la ragione, restituiti attraverso un linguaggio complesso, stratificato, eppure mai così tanto nitido e scandito (basti sentire gli influssi goth rock della conclusiva “Our Life Is Your Death”, anch’essa impreziosita da una comparsata ‘di lusso’, ovvero M. dell’istituzione polacca Mgla).
Opposti che si attraggono, proprio come suggerito dai colti testi in accompagnamento, per un album incaricato di aprire ufficialmente la nuova era di una delle band più rinomate e influenti del metal estremo contemporaneo.