6.5
- Band: DEATHSTARS
- Durata: 00:40:20
- Disponibile dal: 05/05/2023
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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C’è stato un periodo, più o meno a metà degli anni Zero, in cui la ‘next generation’ scandinava (Deathstars, Mnemic, Sonic Syndicate – tutti sponsorizzati dalla Nuclear Blast) sembrava destinata a ripetere il successo, con le dovute proporzioni, ottenuto un decennio prima dai vari Rammstein, Fear Factory e In Flames. Col senno di poi fa un po’ impressione vedere come, a quasi vent’anni di distanza, le promesse dell’epoca non siano state mantenute, vista anche la parabola ascendente dai coetanei d’oltreoceano (Trivium, Avenged Sevenfold) e d’oltremanica (Bullet For My Valentine, Bring Me The Horizon).
Ebbene, in tutto questo fa comunque piacere vedere come, a vent’anni esatti dall’esordio, almeno la formazione di Strömstad sia di nuovo in sella, praticamente con la line-up storica al netto del nuovo entrato Nitro alla batteria.
Sarà l’effetto nostalgia, ma appena parte il riff maraziale di “This Is” le lancette sembrano tornare indietro, a maggior ragione quando entrano in scena la timbrica effettata di Whiplasher Bernadotte e le tastiere futuristiche di Nightmare Industries. Una partenza col botto difficile da bissare, e infatti il resto della tracklist si attesta su livelli meno eclatanti, con la sola “The Infrahuman Masterpiece” capace di tenere il passo dell’opener, grazie ad una cavalcata (nel doppio senso del termine) cyber glam lussuriosa nel suo unire dark ed EDM.
Per il resto non mancano alcuni guizzi degni di nota (il ritornello filastroccato di “Midnight Party”, il gothic cafone di “Anti All”, i cori femminili di “Between Volumes And Voids” e “Blood for Miles”), ma gira e rigira le idee sono sempre quelle, e a volte tirate anche un po’ troppo per le lunghe (la title-track, “An Atomic Prayer” con le sue orchestrazioni quasi a là Dimmu Borgir più atmosferici, “Churches of Oil”).
Mai come stavolta siamo dunque combattuti nel giudizio: da un lato dopo nove anni di attesa sarebbe stato forse lecito aspettarsi qualcosa di più del solito minestrone virtualizzato di Rammstein, Marylin Manson e Cradle Of Filth; d’altro canto ci sono quei tre/quattro pezzi degni di nota che ben figureranno nella setlist accanto ai vecchi classici (sperando che il pluririmandato tour stavolta non subisca intoppi). Se sarà stato un fuoco di paglia o una carbonella appena riaccesa solo il tempo ce lo dirà, nel frattempo ben tornati Deathstars!