8.0
- Band: DEATHWHITE
- Durata: 00:48:44
- Disponibile dal: 31/01/2020
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Ci avevano molto ben impressionato, circa due anni fa, all’epoca della pubblicazione dell’album d’esordio “For A Black Tomorrow”, i pittsburghiani Deathwhite, combo che continua a celare le proprie identità nell’anonimato più assoluto anche oggi, quando si ripresenta ai nastri di partenza con un secondo lavoro in grado di far fare il botto a questa interessantissima compagine. Forse.
La Season Of Mist è quasi sempre garanzia di qualità e spessore, si sa, e con “Grave Image” dei Deathwhite non si incorre in errore: come per il debutto, il chiaro target di quest’opera è l’ampia nicchia di nostalgici dei lavori migliori dei Nineties in ambito doom, gothic, dark e atmospheric metal. La stessa band, anonima nei componenti ma non silente e refrattaria alle dichiarazioni, ci tiene a precisare come i Katatonia di metà carriera restino un’influenza che ha fortemente impattato sul proprio background compositivo. Ed in effetti sono parecchi i rimandi che, fors’anche in maniera più massiccia rispetto al precedente album, si odono durante la fruizione di “Grave Image” e che ricordano le atmosfere nostalgiche e raffinate, comunque vigorose, presenti in dischi quali “Discouraged Ones” o “Tonight’s Decision”; basti ascoltare “Plague Of Virtue”, “Among Us” o “A Servant” per rendersene subito conto.
E’ chiaro che con queste premesse parlare di originalità stilistica, in casa Deathwhite, è un’utopia, ma i Nostri sono davvero bravi nel mixare le loro influenze, darle un tocco leggermente più moderno in sede di groove, e riproporle con un gusto sopraffino, vincente e di gran classe. E tocca pressoché ripetersi nel descrivere la musica composta dalla Biancamorte, in quanto mood generale del disco, songwriting, registrazione, produzione ed esecuzione confermano tutte le buone sensazioni avute con “For A Black Tomorrow”. Ciò che ci fa apprezzare di più “Grave Image” però, e che ci fa anche capire quanto il gruppo sia divenuto più coeso ed efficiente, è semplicemente la bellezza ed il valore dei brani, appassionanti, avvincenti e mai stancanti i padiglioni auricolari. La voce, ancora una volta costantemente pulita, e le sue melodie sono fra i punti di forza del lavoro, subito seguite dal ricchissimo bagaglio chitarristico messo in mostra e che, tra arpeggi malinconici, riffoni potenti, lenti incedere, qualche sghemba dissonanza, è in grado di affascinare con onestà; assieme agli ottimi arrangiamenti di una batteria sempre viva e trainante.
Tra gli episodi meglio riusciti vanno annoverati certamente l’opener e singolo “Funeral Ground”, evocativo ed anthemico, la già citata “Plague Of Virtue” e “No Horizon”, altro buonissimo esempio di come riuscire a suonare retrò al giorno d’oggi senza risultare stucchevoli e/o patetici; mentre “In Eclipse” possiede un riff portante un po’ fuori dagli schemi e tanto ondeggiante quanto sinistro. Insomma, come concludono solitamente le biografie promozionali: per fan di Katatonia, Daylight Dies, Paradise Lost, Rapture, My Dying Bride, Novembre, October Tide, Ghost Brigade, The Foreshadowing, Novembers Doom e tutta questa gentaglia qua. Rientro più che consigliato!