6.0
- Band: DECAPITATED
- Durata: 00:37:49
- Disponibile dal: 07/07/2017
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Si scrive “Anticult”, si legge “La caduta degli dei”. Non sapremmo come altro descrivere la settima prova sulla lunga distanza di Vogg e dei suoi Decapitated, un tempo baluardo della scena death metal mondiale (quanti gruppi possono dire di essersi ispirati ai vari “Nihility, “The Negation” e “Organic Hallucinosis”?) e oggi diventati un’anonima formazione di groove/death-thrash incapace di replicare i fasti del passato o di fungere da guida per l’intero movimento. Lungi da noi accanirci sul biondo chitarrista polacco, anche e soprattutto alla luce delle enormi difficoltà con cui è stato costretto a venire a capo, ma il songwriting messo in mostra sul nuovo full-length non può non farci venire qualche dubbio sul percorso stilistico abbozzato da “Blood Mantra” e qui meticolosamente approfondito, frutto della volontà di ampliare la propria fan base e dare un senso alle tournée in compagnia di Children of Bodom, Lamb of God e Meshuggah. Una scelta senza dubbio controversa, per alcuni addirittura intollerabile, ma che se fosse sostenuta da una scrittura ispirata e coinvolgente non ci sentiremmo affatto di criticare, essendo quest’ultima l’unica distinzione tra buona e cattiva musica. Come però anticipato nel track-by-track di fine maggio, “Anticult” ha ben poche frecce al proprio arco per colpire l’ascoltatore e legittimare una simile inversione di tendenza, presentandoci una band involuta su più fronti che, pur riuscendo a salvarsi la faccia, tocca con questo pugno di brani il punto più basso della sua ventennale carriera. Racchiuse in suoni ultra-laccati e bombastici, tipici delle produzioni Nuclear Blast, le tracce ringhiano ma non mordono, strizzano l’occhio a questa o quella formazione (dagli Arch Enemy ai The Haunted, passando per gli autori di “Magma” e “The Violent Sleep of Reason”) senza mai evidenziare personalità nell’assemblaggio dei vari spunti, con la prova monocorde e tediosa di Rafał Piotrowski ad affossare ogni eventuale sforzo del comparto strumentale. Fa specie vedere i Nostri, un tempo leader presi come esempio da centinaia di musicisti, in questa veste incolore e spoglia, in cui strutture strofa-ritornello-strofa si inseguono su una base di riff oltremodo ammiccanti e semplicistici (basti pensare a “Kill the Cult”), ma purtroppo è questo ciò che passa il convento polacco nel 2017. La prossima release sarà fondamentale per capire le sorti definitive del quartetto.