7.5
- Band: DEE SNIDER
- Durata: 00:46:48
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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“Stand for something, show who you are, stand up, don’t leave your mark leave a scar“. A tre anni di distanza dal precedente “For The Love Of Metal”, mister David Daniel Snider, per gli amici semplicemente Dee Snider, torna sugli scudi lanciando un nuovo monito, chiamando ognuno di noi a lasciare un segno nella propria vita, un tratto indelebile, una vera e propria cicatrice; “Leave A Scar”. E lo fa, come da sua tradizione, nella maniera più schietta e genuina, sprigionando quella stessa energia vitale e coinvolgente già trasmessa in tutte le sue apparizioni on-stage, sia nella sua versione solitaria sia, ovviamente, in quelle che lo hanno visto vestire i panni della sorella schizzata. Dodici brani di roccioso hard’n’heavy che, pur seguendo la strada sonora di “For The Love Of Metal”, vede una maggiore armonizzazione degli episodi, creando così una più ampia variante melodica dell’intero lavoro. Coadiuvato ancora una volta da Jamey Jasta degli Hatebreed in sede di produzione (buona) ed accompagnato dalla stessa formazione dello scorso album (tra cui il batterista Nick Bellmore, protagonista anch’egli nelle fasi di produzione, mixaggio e mastering del disco), il sessantaseienne newyorkese (sì, sessantasei) ci regala una prestazione di assoluto spessore, confermando uno stato fisico, in primis vocale, davvero invidiabile.
Un credo nei confronti dell’heavy metal che, come una cicatrice, viene scolpito nella pietra da quell'”AGAIN” inserito appositamente tra due parentesi, a sottolineare una passione immortale, eterna. “Sono qui per fare rock – canta il singer biondo crinito – e lo farò finché campo”. Sinonimo assoluto di coerenza, Mr.Snider spazia tra le granitiche “I Gotta Rock (Again) e “The Reckoning”, le più dirette “In For The Kill” e “All For Nothing More”, inserendo spazi più soft ed intimi, avvalorati da brani come “Before I Go”, “Silent Battles”, “S.H.E.” (dedicata alla moglie Suzette) e la ballad finale “Stand”. Spicca tra le altre, la terremotante e motörheidiana “Time To Choose”, poderosa al punto giusto, ulteriormente appesantita dalla presenza dietro il microfono di “sua grugnosità” George Corpsegrinder Fisher, a formare un duetto tanto curioso, quanto micidiale. E allora, con lui, anche noi siamo ancora qui, testimoni di un amore, quello per il metal, alimentato da personaggi unici, veri, mostruosamente trascinanti. Su le mani, horns up, per Dee Snider: una cicatrice vivente dai contorni metallici.