9.0
- Band: DEEP PURPLE
- Durata: 00:41:37
- Disponibile dal: 15/02/1974
- Etichetta:
- EMI
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Registrato nel novembre del 1973, “Burn” rappresenta una vera e propriaventata d’aria fresca nel mondo del rock duro e nei Deep Purple,principalmente perché le canzoni contenute nel precedente e controverso LP “Who Do We Think We Are” risentono delle insanabili tensioni interne sorte tra Blackmore e Gillan che portarono alla dipartita di quest’ultimo, seguito dal fidato bassista Roger Glover. L’inedita coppia composta dal talentuoso bassista e cantante Glenn Hughes, proveniente dai Trapeze, e dell’allora giovane e sconosciuto David Coverdale, contribuirono ad arricchire l’arcobaleno sonoro di Blackmore, Paice eLord con sonorità figlie del blues condite da rivoli funk che troveranno maggior spazio nel successivo “Stormbringer”. Complice un’ottima produzione ed un missaggio di alto livello a cura di Martin Birch e della band stessa, la terremotante titletrack apre le danze con uno dei riff più spettacolari mai composti da Blackmore, che trova il giusto feeling tra ritmiche irruenti e forti richiami neoclassici che inseguito verranno sviluppati soprattutto da Y.J. Malmsteen, dando vita nella parte solistica ad un duello mozzafiato con il tastierista Jon Lord. Le acrobazie di Paice dietro le pelli sono da antologia del rock ed i nuovi arrivati si integrano benissimo grazie alla voce alcoolica e sensuale di Coverdale e dagli acuti squillanti ed intensi del futuro ‘Voice of Rock’. La successiva “Might Just Take Your Life” stempera i ritmi al cardiopalma virando su un sound chiaramente figlio della blackmusic, avendo come punto di forza l’eccellente perfomance di Hughes ed una buona svisata solistica di Lord, mentre l’arrembante “Lay Down, Stay Down” mette ancora in evidenza il potente e fantasioso drumming di Paice fuso in modo eccellente con le ugole dei due cantanti. “Sail Away” è il secondo capolavoro dell’album, basato inizialmente su un curioso riff di synth che cede il passo ad un pigro ed accattivante blues nel quale Coverdale e Hughes sfoderano un’altra prestazione di prima classe, sul quale viene cucito un intenso guitar solo di Blackmore. Il lato B si apre con i ritmi indiavolati di “You Fool No One”, nella quale il buon Paice continua a dettare legge con le sue dinamiche funamboliche sulle quali si danno battaglia le voci di Coverdale e Hughes, dandosi tregua soltanto nella vincente fuga solistica di Blackmore, mentre”What’s Goin’On Here” è il brano meno coinvolgente del disco, essendo un discreto rock’n’roll senza particolari picchi emotivi che ha il solo merito di introdurre l’ardente blues intitolato “Mistreated”, graziato dal cantato suggestivo e drammatico di Coverdale, che senza ombra di dubbio ci regala la sua performance più intensa nei Deep Purple, baciato dal magniloquente solo di un Blackmore in stato di grazia. La conclusiva “A 200” è un curioso esercizio di stile di Jon Lord, il quale si diverte a giocare con il suono glaciale e in qualche modo futuristico delle tastiere sviluppando uno straniante nonsense che si lega comunque bene alle canzoni di questo capolavoro, che ad oltre trentacinque anni di distanza suona fresco e dinamico come pochi altri lavori. Immenso.