8.5
- Band: DEEP PURPLE
- Durata: 00:56:28
- Disponibile dal: 30/04/2013
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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Se c’è qualcosa con cui è d’uopo iniziare la recensione di “Now What?!”, nuova uscita discografica dei Deep Purple nella ormai stabile formazione del 2002, è sfatare quelle insistenti e un po’ maligne voci che aleggiano sempre intorno alle uscite recenti di band dal grande passato: “l’hanno fatto per i soldi”. Nulla, ripetiamo, nulla in questa frase porta con se un benché minimo brandello di verità parlando di questo album. Da cosa lo notiamo? Da cosa viene questa sicurezza? La risposta questa volta è la più semplice, e anche la migliore, che potessimo darvi: dall’ascolto delle canzoni. Canzoni che non tradiscono la presenza del minimo filler, canzoni che si prendono il tempo di dire quello che devono, e lo fanno in maniera coerente fino in fondo, del tutto incuranti di quei ‘paletti’, imposti dall’interno o dall’esterno, quali minutaggio, genere suonato, troppo rock, troppo lento, troppo pesante, e via dicendo. Basta sentire l’introduzione di un brano come “Uncommon Man” per accorgersene. Meditato, elegante… progressivo. Quale altra parola potremmo trovare più adatta per descrivervi il modo in cui la chitarra solista di Morse si intreccia con un Airey assolutamente stellare, in quasi due minuti di puro godimento musicale, che in certi passaggi ci ha ricordato nientemeno che la bellissima fuga iniziale di “Trial Of Tears” dei Dream Theater? E che dire allora dell’opener “A Simple Song”, con la sua meditativa partenza acustica che lascia poi spazio ad un tripudio di Hammond e chitarra? Pura classe e, come dicevamo, non troviamo nulla nell’approccio meditato e raffinato di queste canzoni che possa far pensare ad un brano nato in pochi minuti ed inserito nel disco solo ‘per fare minutaggio’. E non è solo la posata eleganza delle due tracce citate a lasciarci a bocca aperta, perché in “Now What?!” possiamo trovare veramente di tutto. Cerchiamo un po’ di sano Rock, quello con la ‘R’ maiuscola, proveniente dagli anni ’70? “Weirdistan”, con il suo assolo di tastiera, o “All The Time In The World” sono qui per voi, basta selezionarle e schiacciare ‘play’. Vi assicuriamo che vi basterà questo tasto, lo ‘stop’ non è contemplato. C’è spazio anche per qualcosa di più pesante, di più tosto? “Vincent Price” può certamente dire la sua sotto questo punto di vista. E “Hell To Pay”, con il suo ritmo irresistibile, il suo riff stoppato come sempre sottolineato dall’Hammond di Don Airey, ribadisce il concetto di canzone più rock e trascinante, e lo fa con un pezzo diretto e semplice, pronto ad entrare in testa al primo ascolto. Sì, perché i punti forti di questo disco non si limitano a pezzi concettualmente complicati e di lunga durata, c’è spazio anche per un approccio più libero e diretto, come anche la simpatica “Body Line” ci sottolinea, con quel suo testo che ci sembra quasi uno scherzo raccontatoci dalla faccia sorniona di Gillan. E ancora non vi abbiamo citato “Après Vous”, fiero ritorno a sonorità rock progressive con un’introduzione a sorpresa dove chitarra e tastiere si intrecciano in un modo che ci ricorda i dischi di Neal Morse o dei Transatlantic, prima di toccare di nuovo climi rudemente hard rock, sempre condendo il tutto con un Ian Paice mai scontato dietro i tamburi. In fondo abbiamo volutamente lasciato il pezzo che più di tutti ci è piaciuto, “Above And Beyond”, altro capolavoro di rock duro con un’anima prog, che ci ricorda l’anima del defunto Jon Lord (la canzone è a lui dedicata) grazie ad una tastiera monumentale per scelte sonore e atmosfera creata. Diremmo che è tutto per questa recensione, e come dicevamo in partenza l’album parla da solo. Di musica così, ispirata, orecchiabile, curata, ne troviamo poca al giorno d’oggi, ve lo assicuriamo. E poco importa se in effetti la voce di Gillan non sia più la stessa dei tempi di “Perfect Strangers”: la classe, il gusto melodico e la capacità interpretative sono ancora lì al loro posto. Grandi Deep Purple? No, non lo diciamo, si sapeva, e chi apprezza la band non ha interesse nel sentirselo dire un altra volta. Grande “Now What?!”, questo è quello che vogliamo dire chiudendo questa recensione. Top album senza nessun pensiero.