DEEP PURPLE – Slaves And Masters

Pubblicato il 25/09/1990 da
voto
7.0
  • Band: DEEP PURPLE
  • Durata: 00:46:51
  • Disponibile dal: 23/10/1990
  • Etichetta:
  • RCA
  • Distributore: Sony

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Ancora una volta nella storia dei Deep Purple i continui attriti tra le personalità più bellicose del gruppo si sono risolti con un rimpasto della formazione. Ian Gillan ha pagato lo scotto di un album spompato e senza verve, nonostante le colpe non fossero certamente ascrivibili al solo cantante, e il posto al microfono questa volta viene preso da Joe Lynn Turner, rendendo di fatto la nuova incarnazione dei Purple più simile ad una variante dei Rainbow, sottolineando l’ascendente ancora fortissimo che Ritchie Blackmore riesce ad avere sui suoi compagni. Lord, Paice e Glover, dopo un’iniziale perplessità, accolgono con favore il nuovo arrivato, che poteva effettivamente dare un taglio diverso alla band, ravvivando la scaletta dei concerti con brani provenienti da tutte le incarnazioni dei Deep Purple. Con spirito rinnovato, dunque, i cinque si chiudono in studio per realizzare “Slaves And Masters” ed inizialmente le cose sembrano andare per il verso giusto: la qualità del songwriting dei nuovi brani sembra da subito migliore rispetto a “The House Of The Blue Light”. Siamo ancora ben lontani dai fasti del passato, non possiamo negarlo, ma la band sembra aver riacquistato un po’ di ispirazione: il dialogo tra gli strumenti appare più naturale, Jon Lord regala momenti di rara eleganza e Blackmore continua a far cantare la sua chitarra con assoli di ottima fattura. Brani come “The Cut Runs Deep”, “Truth Hurts”, “Fortune Teller” o l’articolata “Wicked Ways” mostrano una band che ha ancora qualche asso nella manica da giocare, eppure c’è qualcosa che non funziona e pian piano tutta la band, Blackmore compreso, finisce per accorgersene. Joe Lynn Turner è il classico pesce fuor d’acqua: la sua voce e i suoi gusti non riescono a fondersi con il mondo dei Deep Purple, nonostante le buone qualità canore. Il suo stile si adatta perfettamente alla scena AOR, alle power ballad, perfino al rock da classifica dei Rainbow degli anni ’80, ma non alla band di “Machine Head” e “In Rock”. A questo, poi, si aggiunge anche lo stile non proprio eccezionale di Turner nella scrittura dei testi, considerato dagli altri decisamente stucchevole: esempio perfetto è “Love Conquers All”, brano delicato e malinconico, suonato con un’eleganza invidiabile, capace di rivaleggiare anche con “When A Blind Man Cries” o “Soldier Of Fortune”, ma che, a parere stesso della band, è stato completamente rovinato dal testo e dalla performance vocale di Turner. Per non parlare di “King Of Dreams”, un vero e proprio panegirico di Blackmore che sa tanto di risposta a quella graffiante critica che era “Smooth Dancer” su “Who Do We Think We Are”. “Slaves And Masters”, dunque, appare un po’ come un’occasione persa: da una parte, infatti, il risultato finale supera il poco ispirato capitolo precedente, tuttavia è innegabile come l’album sia un episodio a sé stante che, di fatto, avrebbe avuto sorti migliori se sulla copertina non ci fosse stampato a chiare lettere il nome dei Deep Purple.

TRACKLIST

  1. King Of Dreams
  2. The Cut Runs Deep
  3. Fire In The Basement
  4. Truth Hurts
  5. Breakfast In Bed
  6. Love Conquers All
  7. Fortuneteller
  8. Too Much Is Not Enough
  9. Wicked Ways
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