7.5
- Band: DEEP PURPLE
- Durata: 00:51:29
- Disponibile dal: 07/08/2020
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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All’uscita di “inFinite” qualche giornalista chiese ai Deep Purple se quello sarebbe stato l’ultimo album per la band inglese. Don Airey rispose che, a dir la verità. pensava che quello prima sarebbe stato l’ultimo. Sono passati tre anni dall’uscita di quel disco e oggi, non solo non abbiamo ancora assistito al pensionamento di Ian Gillan e soci, ma addirittura ci troviamo tra le mani “Whoosh!”, ventunesimo capitolo di una discografia iniziata ben cinquantadue anni fa. Certo, l’orologio continua a ticchettare e nessuno potrà fermarlo, eppure i Deep Purple sono ancora qui e hanno comprensibilmente smesso di fare piani a lungo termine. Vogliono godersi l’attimo, vivere la loro carriera giorno dopo giorno, lasciando che le cose nascano spontaneamente, a dispetto di un mondo che cambia e che non si ferma. “Whoosh!” nasce da un momento di ispirazione, senza grandi pianificazioni, e per la terza volta la band si affida a Bob Ezrin, consolidando un rapporto diventato sempre più stretto e basato sul mutuo rispetto. Il produttore, infatti, ha trovato la chiave per valorizzare al meglio le trame strumentali di una band che, ancora oggi, suona in modo semplicemente divino e la band, da parte sua, ha trovato in lui un interlocutore dotato di una competenza ed un’autorevolezza tale da potersi permettere di ‘bacchettare’ perfino delle leggende come loro.
“Whoosh!”, dunque, è un lavoro dalle diverse sfaccettature, che riflette su un mondo che sembra sfuggirci di mano, nell’incertezza dei tempi moderni, senza però perdere quella leggerezza ironica e divertita che contraddistingue da sempre la penna di Ian Gillan. Il ventunesimo disco dei Deep Purple è un lavoro rilassato, scoppiettante, suonato con passione e, soprattutto, guidato dalla più totale libertà artistica. A dispetto dei nostalgici dei tempi che furono, è innegabile l’alchimia che si è creata nel corso degli anni tra questi cinque musicisti: le melodie si incastrano alla perfezione, con un’intesa perfetta, di quelle rafforzate da centinaia di concerti e da una padronanza assoluta del proprio strumento. “Throw My Bones”, il primo singolo scelto per presentare “Whoosh!”, rappresenta alla perfezione quanto detto finora, ma le sorprese non mancano nella tracklist dell’album. Impossibile, ad esempio, non rimanere a bocca aperta di fronte ai ricami barocchi di scuola progressive di una “Nothing At All”, con Steve Morse e Don Airey ad incrociarsi su scale intricate degne di un quadro di Escher. Al contrario, la splendida “What The What” è un meraviglioso omaggio al rock’n’roll degli anni Cinquanta, a Little Richard, a Jerry Lee Lewis, con uno Ian Gillan che risfodera quello stile che abbiamo apprezzato recentemente con il ritorno dei suoi Javelins. Non mancano anche episodi più malinconici e notturni, come “Step By Step” e la strana “The Power Of The Moon”, che si affiancano al classico hard rock di brani energici come “No Need To Shout”, che sembra riportarci ai tempi di album come “Perfect Strangers”. Impossibile non citare, infine, “And The Address”, una riedizione targata 2020 del brano originariamente contenuto in “Shades Of Deep Purple”, qui modernizzato pur senza stravolgerne la struttura e la forma, quasi a voler chiudere un ipotetico cerchio iniziato più di mezzo secolo fa.
Manca, bisogna dirlo, un vero pezzo da novanta, qualcosa di paragonabile, giusto per restare nel passato recente, ad una “The Surprising” o ad una “Uncommon Man”. In generale, entrambi i dischi realizzati precedentemente con Bob Ezrin ci sembrano complessivamente superiori a “Whoosh!”, ma al netto di questi piccoli dettagli, non possiamo che essere soddisfatti e sperare, perchè no, che i Deep Purple possano sorprendere tutti e regalarci ancora un nuovo album.