6.5
- Band: DEF-CON-ONE
- Durata: 00:54:00
- Disponibile dal: 02/07/2012
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Se vi dicessimo, cari lettori, che dietro i tamburi di questa band è seduto Antton Lant, ex Venom ed ex MPire Of Evil, probabilmente saltereste a piè pari questo articolo. Forse vi fareste già l’idea di una band totalmente votata a quelle sonorità old-school che il nostro drummer ha sempre suonato e portato sui palchi di mezzo mondo. Vi fareste un idea sbagliata. Sotto l’egida della nostrana Scarlet Records, questi metallici inglesi ci propongono sonorità inaspettatamente moderne, una sorta di metal-core adulto e senza ciuffo copri-brufoli post adolescenziali, dove melensi e stucchevoli ritornelli vengono sostituiti da un assalto frontale testosteronico e violentemente britannico. Se mettessimo la musica in matematica, potremmo condensare questa recensione in un equazione sicuramente chiara ed esplicativa: i DEF-CON-ONE stanno ai Venom quanto gli Slipknot stanno agli stessi Venom. Il nuovo gruppo di Antton (per il quale, ricordiamolo, ha abbandonato le precedenti e ben più famose band) inserisce su di un’intelaiatura extreme metal una serie di influenze che decisamente non ci aspettavamo, passando dai ritornelli ricchi di armonizzazioni vocali che tanto ci ricordano gli Alice In Chains, a riff che arrivano direttamente dall’Iowa, il tutto sempre e perennemente giocato su di un dinamismo davvero da manuale, in cui cambi di tempo continui si susseguono a linee vocali arrangiate con cura. Se vi fermaste qui, potreste anche pensare che questo disco sia un simil-capolavoro. Il disco però si presenta male, con una copertina più simile ad una demo, una staticità di sound che va a cozzare paradossalmente con gli intenti dinamici del combo, in cui sembra di ascoltare perennemente lo stesso brano, farcito di riff massicci ed a volte eccessivamente “machineheadiani”, spesso giocati su mid-tempo e linee vocali che vorrebbero infilare i discreti ritornelli nelle nostre menti ultra-blindate. Complessivamente, questo “Warface” è un disco riuscito a metà: di sicuro non malvagio, ma dove i momenti di positivo stupore vengo presto dilatati e sopraffatti da un metal canonico e di mestiere. Gustiamo dunque questo discreto cocktail alcolico diluito con troppo succo di frutta, nell’attesa che, aggiustando gli ingredienti, la prossima volta riesca ad ubriacarci.
