8.0
- Band: DEFEATER
- Durata: 00:35:00
- Disponibile dal: 17/07/2013
- Etichetta:
- Bridge Nine
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Dopo aver messo d’accordo tutti con il precedente “Empty Days & Sleepless Nights”, la band statunitense si ripresenta a due anni di distanza con questo appuntamento intitolato “Letters Home”, nuovo capitolo del concept avviato sul debut “Travels” (le vicende di una famiglia del New Jersey nei primi anni post-Seconda Guerra Mondiale) e sin qui puntualmente esplorato in ogni release. Lo stile dei ragazzi di Boston si mantiene sempre in bilico tra l’hardcore-punk tipico delle loro zone (Modern Life Is War, American Nightmare), attitudine progressiva e contaminazioni rock, screamo e slowcore. Tra collera e meditazione, tra tradizione e contemporaneità. A fare da collante a questo coacervo di inflessioni sonore, una suggestiva verve melodrammatica la cui onda d’urto deflagra in molteplici direzioni, ridisegnando i connotati di un’epoca, globalizzata da certi vecchi melensi film di Hollywood, che in questa contestualizzazione rivive in maniera più confusa e assai meno spensierata. Dall’album precedente i Nostri si portano dietro le melodie amare, qui ancora più palesate, ma, allo stesso tempo, vengono accantonati tutti quegli esperimenti in chiave acustica con cui all’epoca avevano sorpreso gran parte della loro fan-base. Forse Alcoa, il progetto cantautorale in cui il frontman Derek Archambault si è recentemente cimentato, ha catalizzato tutte queste influenze, lasciando ai Defeater il compito di dar sfogo agli istinti più oscuri e rabbiosi. Gli arrangiamenti, tuttavia, si confermano molto ricercati, così come le ritmiche, ampiamente rivitalizzate dall’arrivo di Joe Longobardi dietro i tamburi. Sicuramente un album che, nonostante la sua base hardcore-punk, non risulta proprio immediato: la tracklist si lascia completamente apprezzare solo dopo ripetuti ascolti, lasciando spesso la sensazione che sotto le trame si nascondano sempre ulteriori dettagli e significati. “Bastards” sprofonda vorticosamente in un cruento viaggio senza ritorno e con lei seguono “No Shame” ed “Hopeless Again”, dall’incedere più controllato ma con un Archambault sugli scudi per potenza e carica emotiva al microfono. I momenti migliori arrivano tuttavia all’altezza di “Dead Set”, “No Saviour” e “Bled Out”, ovvero gli episodi più lenti e cupi del lotto, singolari riflessioni doomy in cui a tratti vengono persino in mente i Katatonia. Soprattutto “Bled Out” spiazza per drammaticità e per la sua andatura da marcia funebre; senza dubbio il brano più angosciante del repertorio del gruppo. Visto il successo di pezzi ariosi come “I Don’t Mind”, in tanti si aspettavano un ulteriore passo verso sonorità maggiormente acustiche e lineari, invece i Defeater con questo “Letters Home” hanno dimostrato di meritare davvero tutta l’attenzione che stanno catalizzando da qualche anno a questa parte, riconfermandosi come una band imprevedibile e assolutamente di talento, che non ama ripetersi e che è sempre capace di ripartire da ogni approdo con rinnovata personalità. “Letters Home” è l’album giusto per chi cerca maturità nel mondo hardcore.