6.0
- Band: DEFLESHED
- Durata: 00:35:55
- Disponibile dal: /03/2005
- Etichetta:
- Regain Records
- Distributore: Self
Il mitico “solid metal” torna a farsi vivo, ma purtroppo questa volta non risulta efficace quanto ci si aspetterebbe! Stiamo ovviamente parlando del thrash metal lanciato alla velocità della luce degli svedesi Defleshed, che con “Reclaim The Beat” erano chiamati a confermare quanto di buono fatto con il precedente “Royal Straight Flesh”. Sfortunatamente il nuovo album dei nostri non brilla esattamente come il suo predecessore, mettendo in mostra una carenza di idee abbastanza preoccupante che si materializza in un sound oltremodo ignorante e monotono, poco vario e tristemente vicino a quello di “Fast Forward” – ora terzultimo full length dei nostri – un lavoro che oltre alla grande precisione e alla velocità del fenomenale batterista Matte Modin tendeva spesso al ripetitivo. Delle aperture in midtempo e degli sprazzi melodici di “Royal Straight Flesh” o anche del vecchio “Under The Blade” qui non vi è quasi traccia: “Reclaim The Beat” è un assai poco ragionato concentrato di riff al fulmicotone (come sempre influenzati equamente dalla Bay area e dai Kreator), blast beat e le solite urla sguaiatissime di Gustaf. Il mix per lo più comunque funziona e diverte abbastanza, soprattutto all’inizio e verso la fine della tracklist con brani terremotanti come “Stripped To The Bone”, “Abstinence For Turbulence”, “Chain Reaction” (il migliore del lotto), “May The Flesh Be With You” e “Ignorance Is Bliss”, ma l’ascolto tutto d’un fiato dell’intero disco è davvero difficile da portare a termine, soprattutto perché nella parte centrale i riff portanti delle canzoni si assomigliano in maniera imbarazzante ed è quasi impossibile distinguere l’inizio e la fine di ogni composizione. E’ davvero spassosa la cover di “Red Hot” dei Motley Crue – resa in modo iper feroce – però, come dicevamo, il lavoro nella sua interezza stenta un po’ a coinvolgere e non ci si sente proprio di definirlo un degno successore di “Royal…”. Anziché proseguire ulteriormente nell’apprezzatissima direzione tracciata un paio di anni fa i Defleshed hanno optato per un insensato semi-ritorno alle origini che tra l’altro non brilla neanche troppo.