DÉHÀ – Nethermost & Absolute Comfort

Pubblicato il 09/03/2025 da
voto
6.5
  • Band: DÉHÀ
  • Durata: 01:12:03
  • Disponibile dal: 14/03/2025
  • Etichetta:
  • Naturmacht Productions

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Dietro lo pseudonimo Déhà si cela il musicista belga Olmo Lipani, nome che strapperà un sorriso ai vecchi appassionati di Mai Dire Gol dei tempi d’oro; in questo caso, però, siamo decisamente agli antipodi dell’improbabile cantante portato al successo da Fabio de Luigi: non si ride per nulla e ci si diverte pure poco, essendo la proposta inseribile in tutto e per tutto nel plumbeo e ossianico filone del funeral doom.
Il lavoro consta di due sole, lunghissime tracce, che sono poi quelle che vanno a costituire il titolo dell’album: “Nethermost”, quasi tre quarti d’ora, e “Absolute Comfort”, quasi mezz’ora, in verità molto simili, al contrario di quanto ci si possa aspettare da un musicista versatile, prolifico ed eclettico come Déhà.
Leggermente meno austera la prima, che vive anche di passaggi di chitarra solista malinconici e soffusi dal vago gusto pinkfloydiano, e più estrema la seconda, dove l’incedere straziante e disperato non ha tregua; nell’insieme ci troviamo al cospetto di un funeral doom più vicino alla musica ambient e al drone che al metal vero e proprio, un disco che va apprezzato solamente immergendosi completamente nell’ipnotico incedere cupo e angosciante degli strumenti, senza aspettarsi nulla che abbia a che fare con le dinamiche tipiche del metal estremo.
Come polistrumentista, cantante, produttore e tecnico del suono, il buon Déhà – meglio restare sul nome d’arte – ci sa decisamente fare: gli arrangiamenti sono ben costruiti, la voce ricorda lo splendido Jan Kenneth Transeth di “Heart Of The Ages” degli In The Woods, capace di alternarsi tra altissimi strepiti e una tormentata e cantilenante voce pulita, alla quale viene aggiunto anche il classico growl, profondo e gutturale, tipico appunto del funeral doom; le tastiere e le chitarre soliste sono ben congeniate e le partiture ben eseguite; la sezione ritmica è infine ridotta all’osso, ma funzionale allo scopo.
Ciò che lascia tutto sommato un po’ perplessi è una certa canonicità della proposta: non risulta nell’insieme più originale degli album di Pthumulhu o Blind Monarch usciti l’anno scorso e non è così lontana dal quanto sperimentavano i pionieri Bethlehem già trent’anni fa, pur essendo assolutamente contemporanea nella concezione, nei suoni e negli arrangiamenti.
I due componimenti sono insomma suonati e registrati con tutti i crismi e regalano entrambi momenti di grande rapimento e emozione, ma alla fine del lungo calvario sonoro la voglia di tuffarcisi nuovamente è poca, e non tanto per l’estrema drammaticità, ma per la non spiccatissima originalità di fondo. Lo sforzo richiesto nell’ascolto dovrebbe essere ripagato dalla soddisfazione di aver sperimentato un’esperienza unica e folgorante, cosa che purtroppo non si può dire succeda in questo caso; manca insomma quel guizzo che è lecito aspettarsi da un musicista estroso come Déhà, che ci mette tanta professionalità e l’esperienza di uno che con questi suoni ci gioca da diverso tempo, ma, laddove sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di più particolare, troviamo invece un – comunque buono –  disco di genere, adatto agli appassionati della materia o ai fan del belga, desiderosi di testare i suoi esiti in tale campo espressivo. E proprio questa sembra essere la sua forza, capace di radunare comunque una piccola nicchia di appassionati: la voglia di mettersi in gioco continuamente, esplorando tutto ciò che gli sembra essere nelle sue corde, dalle sonate di pianoforte al death-doom, dal black industrial a quello più atmosferico, con una prolificità e una costanza veramente encomiabili.
Forse altre volte i risultati possono essere stati più avvincenti e intriganti – vale la pena menzionare, nella sterminata produzione del musicista belga, almeno gli ottimi “Ave Maria II” del 2021 e “Decadanse” del 2022 – ma è doveroso sottolineare la non comune abilità di questo artista, in grado di spaziare notevolmente fra un genere e l’altro, senza offrire nulla di rivoluzionario, ma con una incontestabile bravura nell’assimilare in poco tempo vari stilemi tipici del metal estremo e saperli riproporre in maniera credibile e formalmente ineccepibile.
Va anche considerato però che ricercare un proprio stile, anche se classico o derivativo, dovrebbe essere per un artista più appropriato e stimolante del saltare di palo in frasca.

TRACKLIST

  1. Nethermost
  2. Absolute Comfort
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