10.0
- Band: DEICIDE
- Durata: 00:29:04
- Disponibile dal: 01/03/1992
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Self
Spotify:
Apple Music:
“Il mio nome è Legione, perchè siamo molti”.
Tampa, Florida, 1992. Assieme ai colleghi/vicini di casa Obituary, Morbid Angel, Death e Cannibal Corpse, i Deicide sono le primedonne indiscusse del movimento death metal a stelle e strisce. Il loro debut album, immesso sul mercato un paio di anni prima dall’attentissima Roadracer Records, riecheggia ancora forte nell’aria e nelle menti sconvolte di centinaia di ascoltatori, le tournée fra Vecchio e Nuovo Continente si susseguono a rotta di collo in un’escalation di performance sempre più selvagge e la stampa (non soltanto quella specializzata) versa fiumi d’inchiostro nel tentativo di delineare la figura di Glen Benton, vero e proprio catalizzatore dell’attenzione pubblica con i suoi comportamenti e le sue “sparate” anticristiane sopra le righe. E’ in questo periodo di grande fermento – contemporaneo all’esplosione del circuito black metal in Scandinavia, investita dalle prime pubblicazioni di Immortal, Emperor e Burzum – che i Nostri danno alla luce il loro testamento musicale definitivo, unicum di una carriera che mai più sarà in grado di esprimersi su simili livelli di violenza e ferocia. Registrato presso i leggendari Morrisound Studios, seconda casa per moltissimi death metaller tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, “Legion” piombò sulla scena come un uragano di fuoco e cenere, infrangendo in appena ventinove minuti di musica tutti i limiti raggiunti dalla concorrenza dell’epoca. Nessuno prima di allora, neanche le temibili formazioni citate in apertura, si era mai spinto tanto oltre il concetto di furia iconoclasta e barbarie. Nessuno aveva mai osato sfidare a viso aperto l’intensità di un “Reign In Blood”, caposaldo del metal estremo più sanguinario e frenetico. Nessuno. Tranne i Deicide, ovviamente, che facendo appello al loro fanatismo, al loro desiderio di turbare il mondo e – perchè no – alla loro incoscienza giovanile, riuscirono nell’impresa di dare forma e voce al Maligno, aprendo una voragine infernale che ancora oggi, a ventitré anni di distanza, riversa senza soluzione di continuità i suoi demoni sulla Terra. Stilisticamente, “Legion” si configura come l’evoluzione in salsa mostruosa, grottesca e deforme di “Deicide”, un atto di guerra sfrenato, mosso da istinti più bestiali che umani, nei confronti della Chiesa e della fede cristiana. L’operato delle chitarre risulta infinitamente più tecnico e convulso, quasi schizofrenico, basso e batteria ne seguono l’andamento intrecciando ragnatele ritmiche devastanti, messe giustamente in evidenza dall’ottima produzione a cura degli stessi membri della band, mentre la voce – acida e sguaiata sull’esordio – assume qui tonalità più ferali, prediligendo ampie dosi di growl allo screaming. Ciò che ne risulta sono otto brani di durata medio-breve, otto inni all’odio caratterizzati da un songwriting sorprendente e nero come la pece, privo di qualsivoglia segno di cedimento. “Satan Spawn, The Caco-Daemon”, dal refrain psicotico e martellante, “Trifixion”, inframezzata da numerosi cambi di tempo e venata da fischianti assoli slayeriani, o “Revocate The Agitator”, forse l’episodio più estremo e parossistico mai scaturito dalla penna del four-piece floridiano, sono solo alcuni esempi del genio musicale impresso fra questi solchi. Manifesto di un’epoca e, più in generale, di un certo modo di intendere il death metal. Semplicemente imprescindibile.