6.0
- Band: DEIQUISITOR
- Durata: 00:38:28
- Disponibile dal: 20/01/2023
- Etichetta:
- Extremely Rotten Productions
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Al netto di una discografia ben nutrita ed arricchita quasi ogni anno da nuove uscite minori, i Deiquisitor hanno in realtà aspettato quattro anni per dare un successore di lunga durata al disco precedente, e ben cinque da “Downfall Of The Apostates”, sorta di picco creativo ed artistico raggiunto fino ad oggi dalla compagine danese.
Il nuovo arrivato “Apotheosis” infatti, nonostante la sua lunga gestazione, non sembra riuscire a raggiungere la bontà del materiale presentato nel succitato full-length, andando solamente a ribattere alcuni dei punti cardine nel sound del terzetto senza aggiungere poi molto a livello qualitativo. Partendo quindi dalla stessa materia deforme e morbosa, i Deiquisitor di oggi sembrano aver abbandonato una qualsiasi ambizione melodica ed atmosferica, presente in passato, in favore di nove assalti ritmici monodimensionali, concentrati cioè a cercare il maggiore impatto possibile attraverso la forza bruta del riff e della voce, senza sprecarsi in una più sottile e profonda ricerca sonora che caratterizzi in maniera univoca i singoli brani che compongono l’album.
Ne consegue quindi un songwriting omogeneo, persino troppo, che soprattutto nella prima parte del disco omologa eccessivamente le canzoni impedendone di fatto una riconoscibilità marcata e finendo per affossare il death metal dei Nostri in un calderone di confusione che certo non si confà al brillante passato del gruppo. La situazione migliora parzialmente con “Reflected By The Void” e “Atomic Assassins”, grazie ad una scrittura leggermente più personale e strutturata, ma certo non basta ad elevare un lavoro come questo da una sufficienza a dir poco risicata. A salvare in calcio d’angolo i Deiquisitor potrebbe intervenire forse la loro solida capacità tecnica, ed un’esperienza nel suonato che permette loro di giocare a piacimento con i cambi di tempo ed alcune trovate meno scontate, ma ecco che ancora la produzione, confusa e troppo cupa, affossa nuovamente un possibile, positivo giudizio su questo lavoro. La scelta di non presentare una batteria iperprodotta, così come l’idea generale di mantenere un sound fedele ad un’ipotetica dimensione live è certo encomiabile, ma comprimere il tutto in una pasta sonora così sfilacciata e gracchiante non fa altro che affossare i momenti migliori del platter.
“Apotheosis” insomma non ci presenta una band in forma, o quantomeno non al massimo delle sue possibilità, dando l’impressione che si sia voluto calcare eccessivamente la mano su alcuni aspetti, trascurandone invece altri che avrebbero potuto esaltare il carattere arcigno e brutale delle canzoni, invece che insistere ciecamente sempre sulla stessa soluzione compositiva.