7.0
- Band: DELAIN
- Durata: 00:42:12
- Disponibile dal: 04/04/2014
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Personalmente abbiamo sempre trovato altalenanti i Delain, almeno sotto il profilo qualitativo. Nonostante su tutti i loro tre lavori precedenti avessero raggiunto sempre almeno una larga sufficienza (qualcosa di più con il buon “April Rain”), abbiamo però sempre trovato alcuni loro aspetti un po’ limitanti. Fosse per l’eccessiva dipendenza dalle ospitate di livello presenti sui vari album, fosse per la marcata vicinanza al sound di Nightwish o di Within Temptation (band con la quale il master mind Martijn Westerholt è imparentato, essendo il fratello del loro chitarrista Robert), oppure ancora per la ripetuta scelta di affidarsi a soluzioni troppo poppeggianti e deboli dal punto di vista dell’impatto, i Delain hanno sempre lasciato in chi scrive un’impressione positiva, ma incompleta. Un’impressione che, lo diciamo subito, ritroviamo in parte su questo “The Human Contradiction” ma in misura sicuramente minore, e per motivi che bene o male non coinvolgono i punti sopra elencati. Innanzitutto, il sound di “The Human Contradiction” è più pesante. Marcatamente più pesante. Le chitarre ruggiscono di più, e su tutti i brani vengono poste in bella evidenza, ridimensionando l’apporto di Westerholt sul sound globale. Pur rimanendo sempre importante, il tastierista olandese si ricava qui una dimensione più adatta, prendendosi l’onere di stemperare l’inaspettata ruvidità del muro chitarristico con piacevoli arabeschi dei suoi synth come in “Sing To Me”; o incaricandosi di creare basi più elettroniche ed avvolgenti, sempre in antitesi con la secchezza di un riffing sempre molto quadrato. Migliorato è anche l’impianto vocale, e su questo lavoro troviamo una Charlotte Wessels in grande spolvero (ascoltate “The Tragedy Of The Commons”, in duetto con Alyssa White-Gluz, o la catchy ”Stardust”). L’aspetto legato al canto e alle liriche è viene poi ulteriormente spinto in avanti da argomenti interessanti che, pur senza avere la struttura del concept album, si concentrano sulle più brutte conseguenze che possono derivare dai fenomeni dell’emarginazione e della solitudine. Con una sezione ritmica messa più in mostra rispetto ai dischi precedenti (solamente il bassista Van Der Oije rimane inspiegabilmente nascosto sotto tutti gli altri strumenti), i Delain si presentano a noi in una veste inattesa ma decisamente più potente, capace finalmente di bucare oltre i muri del già sentito e del poco entusiasmante. Già l’opener “Here Comes The Vultures” è in grado di convincerci… le già citate chitarre pompano con tutta la corposità delle loro sette corde, alternando parti pesanti e parti più dinamiche con una scioltezza che non conoscevamo nei Delain. “Your Body Is A Battleground” risulterebbe un pelo più canonica se non fosse che l’ospitata di Marco Hietala dai Nightwish dona alla canzone un flavour inaspettato, mentre la bella “Stardust”, terzo brano dall’inizio, ci convince ancora di più grazie ad un ritornello davvero funzionale e un buon uso della tastiera a supporto della ruvida chitarra. Nei sei pezzi successivi viaggiamo tra momenti più pesanti (“Tell Me, Mechanicist”) e altri più melodici (“Lullabye”), a volte trascinati da buone ritmiche, a volte cullati da un gentile pianoforte. Certo, la personalità e l’ecletticità dei Within Temptation è lontana, così come lo sono la grandeur dei Nightwish o la perfezione formale degli Epica, ma almeno adesso riusciamo a trovare alla band un piccolo spazio nelle nostre preferenze nel campo, affollatissimo, del metal sinfonico. Una buona prova, indubbiamente. A volte osare può veramente essere la risposta.