8.0
- Band: DELIRIO DE CORDURA
- Durata: 01:21:34
- Disponibile dal: 10/08/2024
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In un’era in cui, grazie alla rete, è difficile immaginare di perdere qualcosa di interessante per strada, lo smisurato sottobosco metal ci conferma che c’è sempre spazio per nuove, stimolanti sorprese.
È decisamente questo il caso con i Delirio De Cordura, in realtà una one-man band che vede il costaricano Esteban nei panni di cantante, chitarrista, rumorista, manipolatore di macchine ed effetti visivi – in un amalgama che abbiamo avuto modo di testare prima dal vivo che su disco, rimanendo decisamente colpiti dal vero e proprio rituale maligno che riesce a imbastire.
Capita quindi alla perfezione la recentissima uscita di “Metalurgia” per parlarvi di questo progetto apocalittico e insieme dissacrante, un’esperienza sonora (e multimediale, come detto) che riesce anche, in qualche modo, a portare in un universo musicale concretamente urbano un tocco di realismo magico che solo il Centro e Sudamerica sanno esprimere così – come dimostrato anche in ambito letterario e cinematografico.
Nella sua corposa discografia – è infatti attivo dal 2008 – Esteban ha fatto sicuramente sua la lezione dei Ministry, partendo a ben vedere proprio in maniera simile ai primi vagiti industriali dello zio Al; da quei primi dischi più acidi, oggi l’evoluzione l’ha portato a comporre brani che spaziano in tutto l’ambito industrial/sperimentale, senza però mai la sensazione di un pastiche senza un disegno preciso, anzi: tutto concorre a creare un senso di profondo straniamento che assorbe profondamente l’ascoltatore.
Dalle tracce più estreme, dove non mancano spruzzate black metal, ma anche inserti quasi classici (“Agonia O Paz”) a pezzi che rileggono in chiave più aggressiva, semplicemente, stilemi dark (“Sueña Con Escapar”); ci sono momenti smaccatamente EBM, quasi tanz metal, che si trasformano in operazioni a cuore aperto (“Nuevos Engaños”, “Mas Allá Del Fuego”), echi dei Killing Joke più ritualistici e tossici (era “Hosannas…”, per intenderci), passaggi marziali e feroci, linee di basso allucinate, filtri vocali dosati a dovere… Persino suggestioni del Jodorowsky più malato, come in “Antes Del Amanecer” o in“Pueblo Fantasma”, uno dei brani più ritmati e conturbanti, anche grazie al crescendo costruito su una batteria elettronica quadratissima.
A proposito di traslazioni verso altri media, anche in assenza dei visual che lo accompagnano dal vivo, a base di horror di serie B – quindi per noi la vera serie A, ovviamente – sono tanti i richiami che, sinesteticamente, arrivano in mente all’ascolto, da Tetsuo (“Tempos De Futurismo”, una discesa agli inferi attraverso gironi di metallo liquido) a Cronenberg, in un viaggio attraverso l’alienazione dell’uomo moderno. E che ha spesso, materialmente, i ritmi di una sceneggiatura (ottimo esempio ne è “Reparador”).
Ottima, infine, la scelta di optare per la lingua madre spagnola, che segue efficacemente le linee melodiche (o la loro assenza) e crea un gran senso di straniamento nel suo andamento gracchiante, eppure sempre comprensibile: proprio come se declamasse rituali da un altare coperto di sangue.
Nel complesso, una scoperta un po’ tardiva, ma che non mancheremo di seguire nel suo percorso esoterico-musicale, sperando di aver modo di rivedere questo delirio anche su qualche marcio palco italiano.