DEMANDE À LA POUSSIÈRE – Kintsugi

Pubblicato il 03/05/2024 da
voto
7.5

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Di certo in Francia non si muore democristiani: giunti al terzo album (il secondo per My Kingdom Music ed il primo con il nuovo cantanteSimon Perrin) i Demande À La Poussière riducono le già sparute aperture melodiche dei lavori precedenti a fenditure da cui lasciar filtrare, solo per pochi istanti, una luce bianca che ferisce e non illumina.
A dispetto del nome, “Kintsugi” (dall’antica arte giapponese del restaurare oggetti in ceramica valorizzandone le crepe con una pittura dorata) non ha alcuna intenzione di rimettere insieme con pazienza e lacca dorata i cocci di un mondo in rovina, anzi, si aggira soddisfatto tra le macerie, contemplando orizzonti desolati che solo dei Cult Of Luna disincantati potrebbero dipingere (il pulsare elettrico dell’iniziale “Inapte” pare una “Cold Burn” asciugata di qualsiasi tentazione armonica), oppure oscillando in modo psicotico tra rabbia e rassegnazione (la title-track, dall’abbrivio black che si impantana sovente dentro ritmiche doom come fosse un pezzo dei conterranei Regarde Les Hommes Tomber).
Reduce dal lavoro al mixer con i più accessibili Ecr.linf (compagine che raccoglie fra l’altro precedenti membri dei Demande À La Poussière, incluso l’ex cantante Krys Denhez), Edgard Chevallier, qui nel doppio ruolo di chitarrista e arrangiatore, costruisce un corpo nero (sonoro) in grado di assorbire tutte le influenze che hanno ispirato la band, a partire dai Neurosis di “Through Silver In Blood”, le cui spire sludge innervano “La Parabole Des Aveugles”, (uscito anche come singolo qualche settimana fa) e la altrettanto disperata “Fragmenté”, che ironicamente, dopo qualche ascolto si rivela uno dei pezzi più orecchiabili del lavoro.
A nessuno, in ogni caso, venga in mente di considerare l’scurità vomitata da “Kintsugi” come derivativa, perché grazie al gran lavoro di amalgama della sezione ritmica (Neil Leveugle e Vincent Baglin a basso e batteria, rispettivamente) le fonti di ispirazione si limitano a donare lievi sfumature ai pezzi, come il lamento funebre di “Ichinawa”, che viene compresso dentro i riff marziali degli Helmet, oppure “Vulnerant Omnes, Ultima Necat” che inizialmente prende ispirazione dall’epicità dei Primordial, per poi rinnegarla lungo il cammino a favore di un più canonico e meno conciliante andamento black-doom. Quando giungono la rarefazione acustica e la voce finalmente rilassata di Perrin (nonostante in coda si carichi progressivamente di tensione) ad annunciare l’epilogo, è ormai troppo tardi: non c’è conforto, e forse neppure c’è l’intenzione di darne, perché per approdare a “Partie” l’ascoltatore ha dovuto affrontare sia i brani descritti in precedenza che altri (“Attrition” e soprattutto “Miserere”) capaci di muoversi agilmente sulle stesse ritmiche industrial con cui marciavano le canzoni dei Godflesh.
“Kintsugi” è tutto questo, una prova di resistenza che avrebbe potuto durare anche dieci minuti in meno risultando comunque estenuante, e a cui va donata l’attenzione e la pazienza che merita.

TRACKLIST

  1. Inapte
  2. Kintsugi
  3. La Parabole Des Aveugles
  4. Ichinawa
  5. Le Sens Du Vent
  6. Vulnerant Omnes, Ultima Necat
  7. Attrition
  8. Fragmenté
  9. Miserere
  10. Brisé
  11. Partie
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