7.0
- Band: DEMENTIA SENEX
- Durata: 00:17:10
- Disponibile dal: 09/04/2013
- Etichetta:
- The Path Less Traveled
Spotify:
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Ve lo avevamo detto o no che siamo nel bel mezzo di una vera e propria invasione di band intente alla fusione death metal-postcore? Per rinforzare la tesi ecco a voi un ennesimo esempio, per giunta proveniente ancora una volta dalla nostra Italia, che confermerà l’esistenza del fenomeno, certamente nuovo ma ormai innegabile. Troppo presto per parlare di moda, ma l’appeal per queste sonorità è tanto, e non a torto, visto che il connubio death metal-intellettualità e intimismo post-rock alla fine è alquanto seducente. Dopo i Nero Di Marte, vi presentiamo dunque i Dementia Senex, combo emiliano anch’esso intento a unire gli Hate Eternal con i Neurosis, i Lamb of god con gli Isis e i Carcass di “Heartwork” con i Pelican. La “scuola Ulcerate” dunque – anche se i maestri sono ancora in cattedra e inarrivabili – ha dei nuovi studenti che vanno a infoltire una classe sempre più nutrita, e che con questo secondo EP intitolato “Heartworm” ci presenta una riuscitissima simbiosi di death metal melodico, metalcore e post-rock venato di sludge alla Neurosis, appunto. Tutt’altro che originali nella proposta stilistica, dunque, i Nostri si difendono comunque più che bene grazie ad un elemento essenziale, ovvero il songwriting. Se il comparto stilistico soffre dunque di originalità, ripiegando sulla scia del genere già tracciata da altri, la sfera compositiva nei Dementia Senex brilla invece di una luce tutta propria e anzi gli emiliani in molti punti di questo breve EP riescono anche a risultare più avvincenti e personali dei ben più blasonati e osannati Nero Di Marte grazie alla (quasi) totale assenza di stravaganza e pretenziosità in un sound che alla fine nell’arco delle tre canzoni proposte rimane crudo, viscerale, violento, sanguinante e privo di quegli abbellimenti tecnici e di quelle iperboli compositive e stilistiche che creano tanta ridondanza e un noioso senso di sontuosità e pomposità che male si sposa alla natura marcia e cruenta del death metal. La musica dei Nostri invece sfrutta molto bene la crudezza dell’hardcore (componente che per esempio, invece, i Nero Di Marte hanno trascurato senza averne capito l’importanza in un contesto simile) per veicolare il proprio vile attacco metallico. Questo rappresenta l’asse centrale della musica, ed è dunque la rabbia cieca la spina dorsale del lavoro. Le strutture serrate, contorte e brutali del death metal arrivano solo dopo, offrendo un apporto distruttivo notevole ma mai prevalendo su un incipit hardcore indispensabile a far rimanere la musica dei Nostri entro i confini di una disperazione e rabbia musicale essenziale e vincente che ha fatto la fortuna di band come gli Starkweather, i Botch e i primi Isis. La componente atmosferica arriva solo alla fine come collante fra le varie parti del lavoro, ben dosata, mai invasiva, e neanche mai troppo accomodante, ma casomai si presenta sotto forma di pause, di sanguinamenti di emozioni tra una valanga di riff e l’altra, come momenti riflessivi all’interno di una violenza che appare incontenibile. Ce n’è di strada da fare, soprattutto, come si diceva, sotto l’aspetto della personalità musicale, ma questi ragazzi sono scaltri, caparbi e affatto ingenui e già sono indirizzati più che bene. Appunto finale, per ribadire il concetto espresso in precedenza: c’è tanta ignoranza e pochi cazzeggi tecnici e leccornie compositive in questa musica, e questi sono solo punti di forza. Che sia hardcore o death metal, per quanto questo possa essere atmosferico deve sempre fare male, e i Dementia Senex fanno proprio questo.