DEMON EYE – Prophecies And Lies

Pubblicato il 30/08/2017 da
voto
6.0
  • Band: DEMON EYE
  • Durata: 00:44:01
  • Disponibile dal: 11/08/2017
  • Etichetta:
  • Soulseller Records
  • Distributore: Audioglobe

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Doom, il fato, il destino. Chi può dire cosa accadrà domani, tra un mese, tra un anno. Nessuno lo sa. Di contro, è altrettanto vero che da parte nostra abbiamo la possibilità, o quanto meno i mezzi, per renderci ben voluti alla sorte: i nostri sforzi, il nostro impegno potrebbero essere ripagati. Oppure no. Ora, traslate questo concetto metafisico in ambito musicale ed incastratelo nel nuovo platter dei qui presenti Demon Eye (il nome del gruppo deriva dall’omonima song dei Deep Purple) che, con “Prophecies And Lies”, arrivano al terzo full-length della loro carriera iniziata solo cinque anni fa. Il terzo album, quello della prova del nove, quello decisivo. E dato che con il doom ci lavorano, in quanto il genere proposto segue quello già innalzato tempo addietro da Black Sabbath e Pentagram, i dubbi e le perplessità che sorgono da questa nuova fatica sono parecchi. Nulla da dire, sia chiaro, sulle capacità tecniche dei quattro americani: i ragazzi del North Carolina, infatti, ci sanno fare. Il vero problema sta nella carenza, e in alcuni casi nella totale assenza, di appeal, di mordente, di grinta: un gigantesco ‘vorrei ma non posso’ che permea tutti gli undici brani proposti, o almeno in parte. Quando sembra che una canzone stia definitivamente per partire, ecco che qualcosa tira il freno d’azione, smorzando quell’adrenalina utile e fondamentale perché un semplice pezzo diventi IL pezzo. E dire che la partenza di “Prophecies And Lies” è anche buona anzi, più che buona: l’opener “The Waters And The Wild”, infatti, costruita (come del resto tutto l’album) su una produzione a dir poco ‘settantiana’, si lancia su ritmiche doom inserendo sonorità derivanti dai primi vagiti della NWOBHM (Iron Maiden) salvo riabbracciare, in sede di refrain, melodie più maligne ed oscure tanto che a tratti sembra addirittura di ascoltare un pezzo dei Death SS old style. Un pronti-via di assoluto valore ma che purtroppo si ferma qui: “In The Spider’s Eye”, molto ‘sabbathiana’, si ascolta più che volentieri ma la scossa non arriva. Lo stesso vale per “The Reedemer”, nonostante l’impegno globale della band capitanata dal singer Erik Sugg. Ecco, la voce di Sugg: forse è proprio l’ugola del cantante americano ad infierire sulla mancanza di ‘cazzutaggine’ generale citata sopra. Né troppo roca, né troppo pulita; Sugg canta bene ma sembra quasi che stia portando a termine il compitino di rito, senza aggiungere nulla di suo, portando così il brano a perdere d’incisività, come nel caso di “Infinite Regress”, “Politic Devine” e “Power Of One”. E se “Kismet” si discosta, in positivo, dalle precedenti, regalandoci una spruzzata di varietà e ribellione, grazie a ritmiche più attinenti gli albori del metallo inglese, “Dying For It”, pur risultando più diretta, non offre ulteriori spunti di interessi. Diverso invece è il discorso per “Vagabond” che, con l’opener è sicuramente uno dei pezzi più trascinanti: un doom incalzante e tecnico in cui anche la voce di Sugg prende maggior consapevolezza dei propri mezzi, abbandonando per circa quattro minuti i panni di bravo studente. Chiudono il lotto l’introspettiva (e poco altro) titletrack e “Morning’s Son”, brano che si assesta tra gli episodi migliori, soprattutto dal punto di vista strumentale, di un “Prophecies And Lies” che fa trasparire come la band americana possa fare molto, ma molto meglio. Diciamo che al momento la sorte non ha ancora dato il suo verdetto finale. Ai posteri l’ardua sentenza.

TRACKLIST

  1. The Waters And The Wild
  2. In The Spider's Eye
  3. The Reedemer
  4. Kismet
  5. Infinite Regress
  6. Dying For It
  7. Politic Devine
  8. Power Of One
  9. Vagabond
  10. Prophecies And Lies
  11. Morning's Son
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