DEMON HEAD – Viscera

Pubblicato il 26/01/2021 da
voto
8.0
  • Band: DEMON HEAD
  • Durata: 00:36:23
  • Disponibile dal: 29/01/2021
  • Etichetta:
  • Metal Blade Records
  • Distributore: Audioglobe

Spotify:

Apple Music:

Strana parabola quella dei Demon Head. Un’ascesa vissuta in penombra, passando per pertugi stretti e oscuri, salendo i gradini dell’underground dalle scalinate laterali, spoglie e disadorne, che si aprono poco per volta verso ambienti più rinomati e frequentati. Ingrossando il suono, deviandolo dal suo corso originario verso uno stile che con gli albori ha contatti diretti, ma li si possono ben riconoscere e apprezzare solo se si conosce con un buon grado di dettaglio le tappe del percorso. Perché altrimenti come si spiega che siano la stessa band, gli stessi individui, coloro che hanno pubblicato il debut “Ride The Wilderness” e il misterioso “Viscera”? I cinque di Copenaghen sono partiti dal basso, calamitando le attenzioni degli appassionati di hard rock polveroso, vintage, tinto di blues e amante del doom arcaico. Filtrato da una produzione rugginosa e minimale, l’esordio dei Demon Head andava a omaggiare, con sonorità scarne e un songwriting già nient’affatto ingenuo, l’operato di entità come Pentragram e i più recenti Witchcraft, colpendo nel segno con la bella anomalia dei baritonali ricchi di sentimento del cantante Marcus Ferreira Larsen. Uno stile perfezionato e ripulito nel secondo “Thunder On The Fields”, ancora però spostato verso l’hard rock, dov’era difficile intuire quello che sarebbe accaduto di lì a un paio d’anni. Perché con “Hellfire Ocean Void” i Demon Head diventano una vera metal band, portandosi comunque dietro un retaggio d’influenze che finisce per contaminare anche un’opera, com’è il loro terzo full-length, intrisa di magiche velature gotiche e una sensazione di elegante, compassato, mistero.
Nel passaggio su Metal Blade, ci si sarebbe aspettati un lavoro più diretto dei precedenti, che esaltasse la componente metallica fiorita nell’ultimo periodo e strizzasse quindi l’occhio a un pubblico più ampio. Il gruppo ribatte a queste congetture piazzando un disco dalle tempistiche dilatate, imperniato su arpeggi sibillini e sonorità dark-doom drammatiche, nel quale le striature gothic alla Tribulation/In Solitude si fanno ancora più centrali, ma reintepretate in un’ottica personale e coerente col percorso compiuto finora. Pochi i momenti di contagioso assalto metallico, nel quale sfogare un duellare di chitarre che sa essere ficcante come quello della migliore NWOBHM; la coppia d’asce formata dai fratelli Nielsen disegna atmosfere inquiete, allusive, giocando con quell’impasto di gotico, horror, odori sepolcrali e classic doom che ha reso icone del metal moderno di impronta classica “The Children Of The Night” e “Sister”. Morbidi riverberi, inserti d’organo, soliste squillanti assecondano un clima torbido ma carico di sentimento, com’è d’altronde la prestazione vocale, ancora più incisiva del solito, di Ferreira Larsen. Sintonizzandosi sugli influssi darkwave e post-punk che a questi ragazzi paiono piacere un sacco, si esibisce in sofferti baritonali assai scenografici, ai quali contrappone momenti di maggiore slancio, che non intaccano quell’aura di delizioso decadentismo nel quale la musica di “Viscera” resta perennemente immersa.
Fondamentale anche la sezione ritmica, che si esprime su registri piuttosto rilassati e, muovendosi con cadenze nient’affatto incalzanti e prediligendo suoni ovattati, dà un’impronta vellutata e poco ortodossa al suono del gruppo. In una tracklist di costruzione anomala, con ben quattro episodi brevilinei, sotto i due minuti, a intervallare sei canzoni vere e proprie, per soli trentasei minuti e spiccioli di musica, emergono i due brani del finale, “Black Torches” e la solenne “The Triumphal Chariot of Antimony”. Il contributo dei fiati innalza il potenziale immaginifico del quintetto, ammantandolo di coloriture di soundtrack orrorifica e concedendogli scampoli di singolare avanguardismo. “Viscera”, pur non avendo dalla sua un impatto destabilizzante, necessitando quindi, per i non cultori della formazione, un’inevitabile fase di studio, si candida fin d’ora come ascolto imperdibile per gli amanti di sonorità tradizionali inclini alla sperimentazione. Il filone della musica plumbea, instabile, irrorata di spunti provenienti da scene solo laterali all’immaginario metal, si arricchisce di un album dal fascino magnetico, destinato a non farsi dimenticare in fretta.

 

TRACKLIST

  1. Tooth and Nail
  2. The Feline Smile
  3. Arrows
  4. Magical Death
  5. The Lupine Choir
  6. A Long, Groaning Descent
  7. In Adamantine Chains
  8. Black Torches
  9. Wreath
  10. The Triumphal Chariot of Antimony
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.