6.0
- Band: DEMON SPELL
- Durata: 00:20:02
- Disponibile dal: 26/07/2024
- Etichetta:
- Dying Victims Productions
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Primissima prova per questa nuova formazione italiana che sceglie di ignorare il fatto che ci troviamo da ormai un quarto di secolo (sigh!) nel ventunesimo secolo, in favore di un’attitudine completamente votata a quegli anni ‘80 che tanto hanno significato per il metal, al punto da conservare a tutt’oggi un richiamo potentissimo sui metallari di vecchie e nuove generazioni. Ed è proprio un incantesimo demoniaco ad aver catturato i quattro musicisti siciliani, più o meno tutti veterani della scena underground a cavallo tra heavy classico e metal estremo, tra i quali troviamo Dario Casabona, storico ex batterista degli Schizo, e attualmente impegnato nei Sulphur And Mercury.
La copertina ultra minimale in stile “Burning A Sinner” dei Witchfinder General e il logo nell’imprescindibile font gotico anticipano visivamente il contenuto di questo dischetto, ovvero heavy metal puro, classico, dai toni oscuri, ma in parte ancorato all’hard rock (si vedano a questo proposito “Dark Deceiver” e la scanzonata “Evil Nights”).
Ora, questo EP è divertente, ben suonato e registrato con suoni perfettamente in linea con lo stile ‘80’s metal che è proposto, il che potrebbe essere più che sufficiente, dato che l’intento non è certo quello di reinventare la ruota, però va detto che l’influenza dei Mercyful Fate è davvero pesante, complice lo stile vocale di Federico Fano, che riprende il camaleontico stile di King Diamond in maniera incredibilmente convincente, ma sin troppo pedissequa. Ma non è solo questo: l’intera scrittura dei brani si rifà molto ai primissimi lavori dei danesi, ci riferiamo soprattutto all’EP d’esordio omonimo e al materiale precedente, quello raccolto in “Return Of The Vampire”, per intenderci.
Perciò, un po’ come gli Attic sono la versione moderna – diciamo – dei Mercyful Fate più teatrali e complessi e del King Diamond dei dischi da solista, i Demon Spell sembrano prendere direttamente dall’incarnazione più risalente della creatura di Kim Petersen, dal piglio decisamente più diretto.
Non ci piace parlare di gruppo-clone, ma resta l’impressione che – almeno per il momento – l’ago della bilancia sia decisamente sbilanciato dal lato del tributo, piuttosto che verso quello di una rilettura (un minimo) personale di un modo di concepire e fare heavy metal.
Ciò detto, restano le qualità esposte in apertura, che, unite all’indubbia esperienza dei musicisti coinvolti, speriamo possano portare ad un risultato capace di emanciparsi da una presenza stilistica ancora davvero ingombrante.