7.0
- Band: DEMONIO
- Durata: 00:36:48
- Disponibile dal: 20/11/2023
- Etichetta:
- Helter Skelter Productions
- Regain Records
Spotify:
Apple Music:
Chitarre acide, psichedelia, sensualità erotica (qui leggermente meno ‘in primo piano’, almeno a livello di copertina), Satana e venature horror: i Demonio hanno nel proprio DNA tutti gli elementi necessari per fare contenti i partecipanti di quel sabba, onirico e distorto, a base di stoner doom/rock, preferibilmente da svolgersi, in questo caso, nel deserto.
Il power trio italiano torna, ad un anno scarso di distanza da “Electric Voodoo Of The Black Dawn” (compendio di EP e demo usciti fino a quel momento), ad appestare di zolfo e polvere le nostre casse con album vero e proprio.
“Reaching For The Light” esce ancora una volta per la combo Helter Skelter Productions/Regain Records, e sposta il proprio baricentro dal doom drogatissimo degli Electric Wizard verso zone più assolate, in cui la scuola di Kyuss, Monster Magnet e compagnia novantiana storta si fonde con le influenze ‘di casa’, Ufomammut su tutti (ancora una volta), dando alla luce una progenie bastarda e pestifera a base di suoni collosi, voci effettate, batteria garage, e un sacco di fuzz, particolarmente evidenziati da una produzione deliziosamente ruvida, vintage e granulosa quanto basta.
Detto di una sostanziale assenza di novità rispetto ai paradigmi oramai del genere (che pure non ha certo la pretesa di voler re-inventare ogni volta la ruota, ma anzi pascola beato in stilemi codificati), la mezz’oretta abbondante del disco scorre via piacevolmente, tra momenti incalzanti (“Heavy Dose”), la cavalcata languida di “Death Trip” e gli assoli di “Shiva’s Dance”, dipanati in maniera ipnotica lungo i suoi sette minuti di durata; la patina oscura e orrorifica qui non è assente, ma leggermente più sbiadita sotto uno strato ‘luminoso’ di distorsioni e divagazioni lisergiche, più volte verso sogni allucina(n)ti che incubi soffocanti, che pure sono sempre graditi e di cui forse qui sentiamo parzialmente la mancanza.
Alla fine di tutto, “Reaching For The Light” è un discreto trip: buono per qualche momento di trascendente psicotropia astrale, ma quando finisce la botta non ci sono chissà quali strascichi a gravare sul ritorno alla realtà più lucida delle cose.