7.0
- Band: DEMONOMANCY
- Durata: 00:43:04
- Disponibile dal: 23/02/2018
- Etichetta:
- Invictus Productions
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Il fatto che “Poisoned Atonement” venga pubblicato da un’etichetta dal roster selezionatissimo come l’Invictus Productions (Triumvir Foul, Malthusian, Inconcessus Lux Lucis) può tranquillamente fungere da indicatore sulla qualità della musica in esso contenuta. E in effetti, una volta premuto il tasto ‘play’ del lettore e respirato a pieni polmoni le arie diaboliche dell’opener “Intro – Revelation 21.8”, l’impressione è da subito quella di stringere fra le mani un’opera cruciale nella carriera dei Demonomancy, forti di un’attività live che negli ultimi anni deve averne chiaramente rifinito il suono e ampliato il raggio d’azione. Se prima il terzetto capitolino puntava tutto su un black/death caotico di chiara ascendenza Archgoat/Blasphemy, ben rappresentato dall’esordio “Throne of Demonic Proselytism”, oggi i Nostri sembrano molto più orientati alla concretezza e alla (relativa) fruibilità delle trame, combinando la barbarie dei suddetti abomini underground con l’immediatezza e l’impatto assassino di gente come Possessed, Sarcofago e primi Slayer. Un aggiornamento stilistico che non guarda comunque oltre la fine degli Eighties e che non tradisce lo spirito ‘no compromise’ del progetto, se possibile ancora più blasfemo rispetto al passato. La produzione, organica ma bilanciata, non cela l’operato di alcuno strumento, mentre le soluzioni su cui poggiano i brani rifuggono dagli eccessi tipici del genere in favore di ritmiche e riff intellegibili, per un’aggressione tanto truce quanto ordinata nel suo sviluppo. Anche le linee vocali, di pari passo con la musica, suonano inaspettatamente varie e ‘orecchiabili’, tra acuti à la “Angel of Death” (basti sentire l’incipit di “Fiery Herald Unbound (The Victorious Predator)”), continui ‘botta e risposta’ fra il growling bestiale di Witches Whipping e quello dei compagni e metriche dal taglio decisamente coinvolgente. Una fiera dell’intransigenza che vede in un episodio come “The Day of the Lord”, caracollante e ignorantissimo, la sua perfetta sintesi espressiva, utile a riportare un certo tipo di extreme metal alla sua dimensione originaria. Forse ai Demonomancy manca ancora un filo di personalità per emergere del tutto, ma chi è stanco delle varie diciture ‘occult’ e ‘ritualistic’ è fortemente invitato a farsi avanti e godere di questo nuovo frutto avvelenato.